FILMS FROM THE SOUTH 19 – Oslo guarda a Sud

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E’ in corso in questi giorni ad Oslo un festival cinematografico molto caro al pubblico norvegese:
Films from the South, che è giunto quest’anno alla sua 19a edizione. E' una manifestazione che solleva questioni politiche e morali di grande attualità. Sono in programma, tra gli altri, The stoning of Soraya M, dell’iraniano Cyrus Nowrahsteh, basato sulla storia vera di una lapidazione in Iran  e Rachel, della francese Simone Bitton, documentario su Rachel Corrie, attivista americana 23enne uccisa da un bulldozer nella Striscia di Gaza mentre cercava di impedire la demolizione di una casa. Vi sono inoltre due retrospettive dedicate rispettivamente al giapponese Hirokazu Kore-Eda e al messicano Carlos Reygadas

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E’ in corso in questi giorni ad Oslo un festival cinematografico molto caro al pubblico norvegese:
Films from the South, che è giunto quest’anno alla sua diciannovesima edizione. La manifestazione, che oltre alle 96 pellicole provenienti da 35 paesi prevede numerosi incontri con attori e registi, presenta un’eccellente selezione di lungometraggi e documentari latinoamericani, asiatici e africani. Particolare attenzione è dedicata da qualche anno anche alla Turchia. Vi sono inoltre due retrospettive dedicate rispettivamente al giapponese Hirokazu Kore-Eda, che presenta la sua penultima opera, Still walking, e al messicano Carlos Reygadas, vincitore nel 2007 con Silent light (Stellet licht) del premio speciale della giuria a Cannes. I due registi sono gli ospiti d’onore della rassegna.
La manifestazione si propone di incoraggiare la distribuzione di world movies nei circuiti cinematografici norvegesi, e l’attività di promozione e presentazione di film di qualità continua ben oltre la cerimonia di chiusura con numerosi eventi e proiezioni del corso dell’anno.
Il film d’apertura è il peruviano
The Milk of Sorrow (La teta asustada), sul dramma della guerra civile in Perù negli anni Ottanta della giovane regista Claudia Llosa, vincitore del Leone d’Oro a Berlino. Chiude la rassegna il 18 ottobre The maid (La nana) del messicano Sebastián Silva, vincitore del World Cinema Jury Prize al Sundance Film Festival.
Un tempo consideravamo questo festival come un viaggio in terre lontane, ma il mondo non è più così distante”. Julie Ova, direttrice della manifestazione, ha spiegato in un’intervista al settimanale Østkantsavis riferendosi alla realtà multietnica della capitale norvegese, dove gli immigrati rappresentano un quarto della popolazione. “La cosa più importante per noi è la qualità dei film, ma allo stesso tempo penso che la nostra funzione sia anche quella di favorire una comprensione politica a culturale che superi le frontiere”.
Naturalmente, aggiunge, non c’è bisogno di essere informati sulla realtà politica dei vari paesi rappresentati per apprezzare i film in rassegna. “Sono film che funzionano perfettamente per conto proprio, ma penso che come qualsiasi altra forma valida d’arte dovrebbero incoraggiare ad imparare qualcosa in più.”
Films from the South
è certamente una manifestazione che solleva questioni politiche e morali di grande attualità. Sono in programma, tra gli altri, The stoning of Soraya M, dell’iraniano Cyrus Nowrahsteh, basato sulla storia vera di una lapidazione in Iran e vincitore del premio del pubblico al Festival di Toronto, e Rachel, della francese Simone Bitton, documentario su Rachel Corrie, attivista americana 23enne uccisa da un bulldozer nella Striscia di Gaza mentre cercava di impedire la demolizione di una casa.
L’impegno dei registi può avere conseguenze tragiche, come nel caso del francese Christian Poveda, il cui
Crazy life (La vida loca), incentrato sulla brutale esistenza di un gruppo di gangster salvadoregni, gli è costato la vita: è stato infatti ucciso in Salvador con un colpo alla testa all’inizio di settembre di quest’anno. Ma, come tiene a precisare Julie Ova, il festival non affronta soltanto temi politici, e non è a gift to stalindetto che ci si debba intristire per forza.
Alcuni dei film sono un puro piacere visivo”, spiega. “C’è un film di vampiri sud-coreano e personalmente consiglio anche il film giapponese
Air doll, su di un uomo e il suo rapporto con la sua bambola gonfiabile.”
I criteri di selezione dei film in gara sono chiari: si deve trattare di opere esteticamente appaganti, ma che allo stesso tempo scuotano profondamente lo spettatore. La selezione quest’anno include, tra gli altri,
For a moment, freedom (Ein Augenblick Freiheit), del regista austro-iraniano Arash T. Riahi, sulle disavventure di un gruppo di profughi iraniani che giunti in Turchia aspettano di conoscere il proprio destino; City of Life and Death (Nanjing! Nanjing!), del cinese Chan Lu, che si svolge nel 1937, all’inizio della seconda guerra sino-giapponese; A gift to Stalin (Podarok Stalinu) del kazako Rustem Abdrashitov sulle deportazioni nei gulag staliniani alla fine degli Anni Quaranta, e il turco Pandora’s Box (Pandora’nin kutusu), che ritrae le vicende di una famiglia di Istanbul alle prese con l’anziana nonna colpita dall’Alzheimer.

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