Heart of Stone, di Tom Harper

Wonder Woman prova a diventare James Bond o Ethan Hunt ma non ha identità né originalità. Dopo un buon incipit, una spy story che si brucia per mancanza di idee. Netflix.

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Wonder Woman prova a diventare James Bond o Ethan Hunt. Ma il processo di clonazione si interrompe per evidenti debolezze nell’algoritmo della intelligenza artificiale. Tom Harper (A proposito di Rose, The Aeronauts) si muove su un terreno a lui non congeniale e disegna il modello dell’eroe come stereotipo, tra fumetto e parodia. Nessuna profondità, nessuna motivazione. I soliti doppi giochi, le armi segrete, i tradimenti. Colpi di scena annunciati col megafono.

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Rachel Stone (Gal Gadot) è un’agente sotto copertura che lavora per l’ associazione Charter con il nobile scopo di mantenere la pace nel mondo (sic!). Quando la sua identità verrà rivelata, mani nemiche cercheranno di impossessarsi de Il Cuore, un programma avanzato capace di rubare i dati sensibili e di manomettere sistemi informatici. Nonostante un inizio promettente sulle montagne dell’Alto Adige dove Rachel Stone mostra una particolare padronanza nel parapendio, Heart of Stone si arena quasi subito facendo il verso a Mission: Impossible e alla recente toponomastica della saga di 007. Italia, Portogallo, Deserto del Senegal, Islanda passando sempre per la centrale operativa di Londra: moltiplicando però il numero dei paesi coinvolti il prodotto non cambia. Ed è un peccato sprecare un personaggio femminile dalle grandi potenzialità togliendole identità e originalità, adattandolo a un modello maschile ormai abusato in tutti i topoi di genere. Invece di ispirarsi ad Atomica bionda o a Red Sparrow, Tom Harper abbozza una copia sbiadita di Minority Report con l’aggravante nella seconda parte di provocare un effetto paradosso soporifero. Anche le figure di contorno sono male tratteggiate e incoerenti: pensiamo al personaggio di Parker (Jamie Dornan) che dovrebbe prendere il sopravvento e invece sembra agire secondo l’umore del momento con dialoghi telegrafati (per non parlare della terribile battuta finale).

I comprimari come Jack (Matthias Schweighöfer) e Nomade (Sophie Okonedo) fanno quello che possono ma inciampano nei fili sottili di una sceneggiatura trasparente. Altrettanto inutili le comparsate di Glenn Close, Mark Ivanir e BD Wong rispettivamente nel ruolo del re di quadri, re di picche e re di fiori. Qualche inseguimento come quello per le strade di Lisbona è sicuramente avvincente, i paesaggi islandesi hanno senza dubbio una forte presa emozionale ma il solito conto alla rovescia con mancanza di ossigeno e il deus ex machina della Intelligenza Artificiale sono espedienti ormai utilizzati fino alla noia. La colonna sonora si lascia ascoltare (riconosciamo i Fleetwood Mac) ma ben presto è coperta dai botti degli spari e delle esplosioni.

Sceneggiato dal fumettista Greg Rucka (The Old Guard) mescolando ingredienti insolubili, Heart of Stone è una spy story che dopo un incipit speranzoso si perde nel labirinto della mancanza di idee. Brucia un personaggio femminile potenzialmente interessante mettendole in bocca frasi banali e disegnandolo su superomismi ormai fuori moda. Più che una nuova strada per rinvigorire il genere, un terribile vicolo cieco in cui possiamo immaginare perfettamente il momento in cui compare la parola “fine”.

 

Titolo originale: id.
regia: Tom Harper
Interpreti: Gal Gadot, Jamie Dornan, Jing Lusi, Paul Ready, Sophie Okonedo, Matthias Schweighöfer, Alia Bhatt, Archie Madekwe, Enzo Cilenti, Andy M Milligan
Distribuzione: Netflix
Durata: 124′
Origine: USA, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
Sending
Il voto dei lettori
3 (6 voti)
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