“I più grandi di tutti”, di Carlo Virzì
Come cantano Catherine Deneuve e Milos Forman in “Les bien-aimés”: la mela non cade lontano dall’albero, ed in questo caso la mela (Carlo Virzì) non si allontana molto dall’albero cinematografico (Paolo Virzì). Più che The Commitments, The Blues Brothers o Almost Famous, siamo ancora dalle parti di Ovosodo. Ma alla fine non è neanche colpa di Carlo Virzì (che comunque vanta un passato da indie-rocker) se il rock in Italia è un’altra cosa, se le nostre canzoni rock parlano di Oriali mentre quelle degli altri di George Best.
Alla sua seconda prova da regista Carlo Virzì decide di riunire le due passioni della sua vita: il rock e il cinema portando sullo schermo la storia di una fantomatica rock band indie, i “Pluto”, che dopo più di dieci anni nel dimenticatoio ha l’occasione di riunirsi e tornare a suonare. Loris (un Alessandro Roja il cui look ricorda molto quello di Zach Galifianakis in Una notte da leoni e come lui è un po’ “fuori sincrono”col mondo), ex batterista dei Pluto, riceve una mail da un giornalista musicale che vorrebbe fare un documentario su di loro e riportarli sul palco. Benché convinto dell’impossibilità della cosa, si reca all’appuntamento con il giornalista e, trovatosi di fronte ad un ragazzo immobilizzato sulla sedia a rotelle eppure pieno di passione e fiducia nei Pluto, non riesce a rifiutare. Parte allora alla ricerca degli altri componenti per ricostruire la band ed insieme, fra vecchi malintesi da risolvere e legami sentimentali adolescenziali da affrontare, si prepareranno al grande concerto che rappresenterà per tutti un momento di transizione.
Come cantano Catherine Deneuve e Milos Forman in “Les bien-aimés”: la mela non cade lontano dall’albero, ed in questo caso la mela (Carlo Virzì) non si allontana molto dall’albero cinematografico (Paolo Virzì). Più che The Commitments, The Blues Brothers o Almost Famous, siamo ancora dalle parti di Ovosodo, con gli stessi attori (Claudia Pandolfi e Marco Cocci: manco a dirlo, il solito “bello e dannato”) e le stesse dinamiche fra i personaggi che cercano di crescere affrontando le brutture del mondo e della vita adulta: la disabilità, l’alienazione, la precarietà. Come in Ovosodo, anche qui a guidarci tra le peripezie del gruppo è la voce narrante del protagonista ed è sempre lui, ora come allora, a tracciare un bilancio delle vicende ed a farci capire che sì, tutto sommato, la vita è fatta di piccole gioie: come la conquista del rispetto del proprio figlio.
Sta tutta qui la differenza fra il film di Virzì e le sue fonti d'ispirazione (sopraelencate e da lui dichiarate) che parlano di perdenti orgogliosi che mandano tutto all’aria per stupide gelosie o pazzi svalvolati pronti a tutto per una buona azione, ma mai di immaturi in cerca di un posto nel modo.
Ma alla fine non è neanche colpa di Carlo Virzì (che comunque vanta un passato da indie-rocker) se il rock in Italia è un’altra cosa, se le nostre canzoni rock parlano di Oriali mentre quelle degli altri di George Best, se i nostri rocker hanno le facce rassicuranti di Vasco e Ligabue.
Regia: Carlo Virzì
Interpreti: Alessandro Roja, Claudia Pandolfi, Marco Cocci, Corrado Fortuna, Frankie H Ngr MC, Dario Cappanera
Origine: Italia, 2012
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 100'