I viaggiatori, di Ludovico Di Martino

Un film corale e complicato. Il regista sorprende con un genere poco esplorato in Italia ma i giovani interpreti faticano a lasciare un segno nei ruoli. Alce nella Città

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“Avete mai visto un film italiano dove salvano il mondo?”. Ecco il quesito che i giovanissimi indisciplinati protagonisti Max, Flebo e Greta indirizzano al pubblico in sala anticipando come andrà a finire la storia de I viaggiatori di Ludovico Di Martino. Il regista romano, che ci aveva fatto sentire al sicuro con il precedente La belva del 2020, assimilando al meglio i modelli action d’oltremanica, questa volta ci sorprende e spariglia le carte realizzando un film corale e complicato. I viaggiatori ha un impianto produttivo coraggioso. Matteo Rovere non è nuovo a produzioni dalle sfumature di genere che strizzano l’occhio a un cinema internazionale, basta pensare a La foresta di ghiaccio di Claudio Noce, a Il primo re da lui stesso diretto e al sopracitato La belva.

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I viaggiatori racconta la storia di Beo Fulci, un giovane ricercatore di fisica quantistica scomparso in circostanze misteriose assieme al suo capo, definita dai vertici dell’azienda una ‘vecchia pazza’. Una sera Max Fulci, il fratello quattordicenne di Beo, finisce per scoprire assieme agli amici Flebo e Greta una strana macchina del tempo e il modo per farla funzionare, trovandosi così nel 1939 in una Roma scossa dalle leggi razziali. Dovranno salvare il mondo dalla minaccia di un’arma con cui si vuole cambiare il corso della Storia.

I viaggiatori trasporta in un’inedita terra dell’avventura, dove le tematiche del cinema di Di Martino trovano il giusto spazio. Eroismo, sacrificio, ma soprattutto relazioni familiari sono alla base della vicenda. Così come nel suo lungometraggio d’esordio Il nostro ultimo, dove due fratelli si sforzavano di rimanere uniti davanti alla morte della madre, o in La belva, che vede fratello e sorella vivere la speranza di ricongiungersi dopo un rapimento, anche ne I viaggiatori il regista romano propone l’idea per cui due fratelli, attraverso una ferita, possono mettere insieme forza e solidarietà per dare vita ad una tempra più solida. Fotograficamente audace con frequenti camera spin, il film riporta visivamente al mondo dei videogiochi. Il film mescola azione, dramma e momenti ironici, creando alcune scene memorabili come quando i tre giovani protagonisti improvvisano ‘Bella ciao’ al pianoforte davanti alle camici nere, le quali ignare del significato del testo si riconoscono nei partigiani celebrati nella canzone e applaudono commossi.

La narrazione fantastica firmata dal regista assieme allo sceneggiatore Gabriele Scarfone è stipata nella Storia e gioca con l’unico enorme difetto del tempo in quanto luogo in cui non si può viaggiare in tutte le direzioni. I viaggiatori, come in passato la celebre trilogia di Ritorno al futuro rompe questo dogma. Ecco allora che una ‘vecchia pazza’ arrivata dal futuro crea il caos immaginando un mondo ideale nel quale vince Mussolini così come il super-nazista di Freaks Out, antisemita folle, si ostinava a far vincere la guerra al nazismo perché in una delle sue realiste visioni aveva visto la morte del Fuhrer. Il ribaltamento della Storia della Seconda Guerra Mondiale è un concetto davvero interessante, ma già in uso da tempo. La serie The Man in the High Castle distribuita da Amazon è ambientata in un alternativo 1962, in un mondo nel quale la Germania nazista ha vinto la guerra. Il recente mockumentary LOLA, dell’irlandese Andrew Legge, racconta la storia di due sorelle che costruiscono una macchina in grado di intercettare le trasmissioni radio e televisive del futuro e decidono di aiutare l’esercito inglese nella Grande Guerra. Idea quindi largamente consumata che trova origini più nobili nella letteratura Philip K. Dick (La svastica sul sole), romanzo di fantascienza in collisione col più chiaro degli assiomi: ‘La storia non si cambia”.

Stona il finale un po’ ridondante e si fatica a riconoscere le dinamiche del ritorno a casa dei ragazzi e l’inevitabile sacrificio del fratello maggiore Beo, ma il precedente parallelismo con Freaks Out, ci conduce al punto più debole del film, la caratterizzazione dei personaggi. I giovani interpreti Matteo Schiavone, Andreagaia Wlderk e Fabio Bizzarro faticano a lasciare un segno in ruoli appena accennati. Poco spazio agli antagonisti. Vanessa Scalera nei panni della pazza Dottoressa Sestrieri si vede poco e Fabrizio Gifuni, bravo e unico possibile antieroe muore troppo presto, appena dopo aver pronunciato una delle battute migliori del film: “Detesto questo progresso perché rende l’uomo pigro e lo rende privo della sua forza”.

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