"Ilaria Alpi – Il più crudele dei giorni", di Ferdinando Vicentini Orgnani

Non è questo un film di coraggiosa inchiesta (anche se vengono usati nomi e cognomi veri) perché (forse) mancano in fondo le congetture e le doverose illazioni del caso, ma semmai un sentito e sincero omaggio a due persone che credevano nel loro lavoro e nella bellezza della verità

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Il film sulla giornalista RAI Ilaria Alpi parte da lontano, ossia da molto vicino alla stessa ragazza che il 20 marzo 1994 venne barbaramente uccisa assieme al suo cameraman Miran Hrovatin in un agguato a Mogadiscio. Da molto vicino poiché parte dal libro L'esecuzione scritto da Giorgio e Luciana Alpi (padre e madre di Ilaria, assieme a Mariangela Gritta Grainer e Maurizio Torrealta). Così vicino che si riesce a percepire il respiro sofferto dei genitori in alcune scene che vedono Ilaria (Giovanna Mezzogiorno) mettere mani e occhi su qualcosa molto più grande di lei e di noi tutti. Non è questo un film di coraggiosa inchiesta (anche se vengono usati nomi e cognomi veri) perché (forse) mancano infondo le congetture e le doverose illazioni del caso, ma semmai un sentito e sincero omaggio a due persone che credevano nel loro lavoro e nella bellezza della verità. Quello che di questo film ci interessa è la saturazione dello sguardo che passa per una messinscena delle zone d'ombra della vicenda, il puntamento dell'obiettivo là direttamente nel fuoricampo della vita. C'è un momento chiaro (e pochi altri) di questa brutta-vera-storia, che è quello del ritrovamento dei corpi ripreso da una televisione svizzera, il resto è pura (ri)costruzione della ricostruzione. Alimentata e tessuta in primis dai corpi della memoria di Ilaria (i genitori) e poi da quello protesico di Giovanna Mezzogiorno che ha ridisegnato le coordinate fisiche della giovane giornalista.

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L'opera di Ferdinando Vicentini Orgnani trova la sua maggiore vivacità nella sospensione baluginante in un territorio di mezzo, tra quello che poteva dare, quello che ci ha dato e quello che ha soltanto suggerito. Staziona in questi interstizi l'idea di cinema che opere come questa dovrebbero intersecare, scongiurando il più possibile la malaugurata abitudine degli asettici rapporti verité e niente più. Vicentini Orgnani slitta fugacemente su uno spicchio della nostra storia: sull'esiguo scheletro di un fatto veramente accaduto quanto oscuro, ci appiccica sopra e dentro tutta la carne e i muscoli del cinema a cui piace fare perno sull'evocazione della sua magia. Perché solo con la fantasia di un film si poteva rendere il giusto omaggio e far rivivere e (ri)conoscere il corpo la forza e la mente della giovane Ilaria Alpi. Sin dall'incipit il film consegna corpi già morti (non intende giocare con una possibilità di sorpresa invero inesistente, preferisce hitchcockianamente costruire la storia sulla potenza del suspense), già affidati a quel binario di rovesciamento temporale alla quale solo la pellicola può fare affidamento. Il resto, tutto ciò che si dipana è ciò che il cinema può darci: ossia, per converso, la materializzazione dei corpi appena tolti, la rivisitazione-musealizzazione della salma oltre la cortina del reale, dentro il vitale fermo-immagine atemporale della finzione cinematografica. 


 


Regia: Ferdinando Vicentini Orgnani
Sceneggiatura: Marcello Fois, Ferdinando Vicentini Orgnani
Fotografia: Giovanni Cavallini a.i.c.
Montaggio: Claudio Cutry, Alessandro Heffler
Musica: Paolo Fresu per CAM Original Soundtrack
Scenografia: Rosemary Brandenburg
Costumi: Elisabetta Antico
Interpreti: Giovanna Mezzogiorno (Ilaria Alpi), Rade Sherbedgia (Miran Hrovatin, Erica Blanc (Luciana Alpi), Angelo Infanti (Marocchino), Andrea Renzi (Francesco), Giacinto Ferro (Giorgio Alpi), Tony Lo Blanco (Generale Loi), Amanda Plummer (Karin giornalista ABC)
Produzione: Lares Video Srl, GAM Film Srl, EMME Produzioni Srl in collaborazione con RAI CINEMA
Distribuzione: Istituto Luce/Lantia
Durata: 115'
Origine: Italia, 2003


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