La programmazione di Fuori Orario dal 6 al 12 agosto

In programmazione viene riproposta la serie di Fassbinder Otto ore non sono un giorno. E poi Inquisizione a anticomunismo a Hollywood tra Tourneur, Pichel e Menzies e il reportage di Gianni Amico

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CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

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Domenica 6 agosto dalle 1.20 alle 6.00

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#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

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Fuori Orario cose (mai) viste

di Ghezzi Baglivi  Di Pace Esposito Fina Francia Giorgini Luciani Melani Turigliatto

presenta

FIUME ROSSO. Inquisizione ed anticomunismo ad Hollywood (2)

a cura di Paolo Luciani

La fine dell’alleanza antinazista tra Stati Uniti e Unione Sovietica dette il via al lungo inverno della “guerra fredda”.  La paura del comunismo, di sabotatori e spie avvolse come una cappa plumbea l’intero paese. Questa condizione di paranoia collettiva, identificata con il termine maccartismo ( dal senatore Joseph McCarthy), per il suo evidente riscontro mediatico, si abbatté anche e soprattutto sul mondo del cinema, tra i registi, gli attori, gli sceneggiatori, le maestranze tutte, prima alla ricerca di iscritti o simpatizzanti del Partito Comunista, subito dopo allargando una vera e propria persecuzione anche a quanti, negli anni precedenti compresi quelli dell’alleanza antinazista tra l’Urss e l’occidente,  avessero fatto parte di comitati di appoggio o solidarietà con i movimenti antifascisti, come con i repubblicani di Spagna, ovvero con gli intellettuali schierati a fianco dei movimenti europei di resistenza antinazista. Da un giorno all’altro centinaia di protagonisti e lavoratori del mondo dello spettacolo americano si trovarono inseriti in una lista nera di proscrizione, che rese impossibile loro di continuare a lavorare. Molti emigrarono in Europa, altri si mascherarono sotto pseudonimi o nomi falsi per continuare ad operare nel mondo del cinema. Quasi tutti si dovettero misurare con un vero e proprio tribunale, quello per le attività antiamericane, che con metodi degni dell’Inquisizione li poneva di fronte ad un dilemma: ripudiare pubblicamente le proprie idee, assumersi anche colpe non vere e, soprattutto, denunciare amici e colleghi. I produttori delle majors furono in prima fila nella caccia al comunista nel cinema; questa era anche la loro personale vendetta nei confronti del movimento di sindacalizzazione che, in particolare tra gli sceneggiatori e le maestranze, li aveva messi in difficoltà a partire dalla metà degli anni Trenta. Naturalmente vi furono anche clamorosi casi di resistenza e denuncia: una delle prime liste di proscrizione stilata, quella dei “dieci di Hollywood”, suscitò un movimento di denuncia e condanna. Ma la forza del sistema fu tale che pochi mantennero la propria posizione iniziale di denuncia di anticostituzionalità dei processi e dei licenziamenti; amicizie e convinzioni infrante segnarono in qualche modo tutti gli anni ’50 del cinema americano. La lista fu formalmente abolita nel 1960, quando allo sceneggiatore Dalton Trumbo fu pubblicamente riconosciuto il suo contributo al film  EXODUS di Otto Preminger e SPARTACUS di Kubrick; ma soprattutto quando il processo di ristrutturazione industriale dell’industria dell’intrattenimento (cinema, tv, teatro, ecc. ) americano ebbe fine, con la presenza non più eludibile dei grandi network televisivi. In qualche modo la realtà reclamava i suoi diritti anche al cinema, sapeva scegliere con più discernimento le nuove streghe ed i nuovi mostri: la nuova Hollywood era alle porte.

FUORI ORARIO, con il titolo FIUME ROSSO, ha deciso di ritornare su questo periodo del cinema americano con titoli ascrivibili a quel particolare momento, ad alcuni dei suoi protagonisti, siano essi registi, attori, sceneggiatori, e ad una scelta di materiali di archivio. 

IL LAGO IN PERICOLO

(The Whip Hand, Usa, 1951, b/n, dur., 82’)

Regia: William Cameron Menzies

Con: Carla Balenda, Raymond Burr, Elliot Reid, Edgar Barrier, Peter Brocco

Un giornalista di città, durante una battuta di pesca in un luogo sperduto, a causa di un piccolo incidente, si ritrova curato in una inquietante cittadina, quasi disabitata a causa della moria di pesci che ha colpito il limitrofo lago. Poco alla volta le anomalie che percepisce e lo strano comportamento della poca popolazione gli palesano un terribile complotto ordito da una cellula comunista, atto ad avvelenare con virus la rete idrica di numerose città americane.

Era stato pensato come film antinazista già alla fine della guerra; con pochi accorgimenti di sceneggiatura, alcuni anni dopo, mutato il clima politico, si trasforma in un campione di paranoia cinematografica anticomunista e maccartista.

TAMARA FIGLIA DELLA STEPPA

(Days of Glory, Usa, 1944, b/n, dur., 82′)

Regia: Jacques Tourneur

Con: Tamara Tumanova, Gregory Peck, Alan Reed, Lowell Gilmore

Un gruppo di partigiani russi trova, persa in mezzo alla foresta, una donna in fuga dagli invasori tedeschi: si tratta della prima ballerina del Bolscioi, ed ha abbandonato il suo lavoro in seguito all’invasione nazista. Si aggrega con i resistenti, avrà modo di dimostrare tutto il suo coraggio, trovando anche l’amore nella figura del capo dei partigiani. Con il suo classico canovaccio dei film di avventura, Tourneur è chiamato a realizzare uno dei pochi film hollywoodiani esplicitamente inneggianti alla alleanza antinazista tra Usa ed Urss. Primo film di Gregory Peck, la Tumanova era una vera ballerina russa e replicò più volte al cinema.

NESSUNO MI CREDERÀ

(They Won’t Believe Me, Usa, 1947, dur., 80’)

Regia: Irving Pichel

Con: Robert Young, Jane Greer, Susan Hayward, Rita Johnson, Tom Powers

Noir quasi tutto costruito con un  flashback in tribunale,  che vede Robert Young invischiato in una intricata trama di tradimenti coniugali, tali da portarlo ad essere potenzialmente accusato di due omicidi. Attore e regista fin dagli anni’30, Pichel si specializzò in film popolari e a basso costo. Viene  ricordato come uno dei “diciannove ostili”, una serie di cineasti che, chiamati a testimoniare dalla Commissione per le attività antiamericane, negò la sua collaborazione; fu quindi inserito in una “lista nera” e decise di trasferirsi in Europa dal 1950.

 

Venerdì 11 agosto dalle 0.40 alle 6.30

UN FILM NON COME GLI ALTRI. OLTRE E DOPO LA NOUVELLE VAGUE (7)

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

 

OTTO ORE NON SONO UN GIORNO

Episodio 1: Jochen e Marion

Episodio 2: Nonna  e Gregor

(Acht Stunden sind kein Tag, Germania,  1972-1973, col., dur., totale 204’, v. o. sott., it.)

Regia e sceneggiatura: Rainer Werner Fassbinder

Con: Gottfried John, Hanna Schygulla, Luise Ulrich, Werner Finck, Anita Bücher, Wolfried Lier, Christine Oesterlein, Renate Roland, Kurt Raab, Irm Hermann, Margit Carstensen, Ulli Lommel, Eva Mattes

La serie Otto ore non sono un giorno, prodotta dalla Westdeutscher Rundfunk e andata in onda tra il 1972 e il 1973, ha fatto la storia della televisione tedesca. Il tentativo di Fassbinder di reinterpretare  un genere popolare come la serie fu un grande successo di pubblico. Dimenticate per decenni,  le 5 puntate sono diventate di nuovo disponibili dopo il restauro promosso dalla Rainer Werner Fassbinder Foundation  con la collaborazione  del Museum of Modern Art di New York. Si tratta della grande riscoperta di una delle opere più originali del geniale regista tedesco, di cui Fuori Orario aveva presentato in passato l’altra grande produzione televisiva, Berlin Alexanderplatz.

La versione restaurata è stata presentata in prima mondiale al Festival di Berlino del 2017.

Le vicende della famiglia Kruger scorrono in parallelo con le traversie lavorative dei suoi singoli membri, in particolare quelle di Jochen, operaio meccanico in una fabbrica. Le storie d’amore di diversi personaggi nascono, crescono e muoiono nel corso della serie intrecciandosi alle relazioni che si stabiliscono tra gli operai e i padroni nelle fabbriche. Lo svolgersi della vita quotidiana si apre alla discussione delle questioni sociali più acute: i trasporti pubblici gratuiti, l’alto prezzo degli affitti, la cogestione dell’impresa, la solidarietà tra gli operai, l’educazione autoritaria, la carenza di asili, i pregiudizi nei confronti degli immigrati, il doppio fardello lavorativo delle donne … Fassbinder intendeva creare un’alternativa non solo al “mondo perfetto” delle finzioni televisive ma anche al genere dei documentari politici.

Il film è il frutto di un anno di ricerca nelle fabbriche e di discussione coi lavoratori e si avvale della partecipazione di molti degli attori e dei collaboratori abituali del regista.. La serie fu un successo di pubblico ma fu  aspramente criticata non solo  dai critici conservatori ma anche  da quelli di sinistra, che rimproveravano al regista di non aver considerato  il ruolo del sindacato. La serie era prevista  in otto episodi ma malgrado il successo Günther Rohrbach,  direttore della programmazione della Rete, lo interruppe dopo il quinto episodio.

Dichiarò Fassbinder: “Tutti i film e i drammi che ho scritto erano indirizzati a un pubblico intellettuale. Nei confronti di questo si può benissimo essere pessimisti e lasciare che un film si concluda nell’impotenza. Un intellettuale è libero di lavorare sul problema con i suoi strumenti culturali. Nel caso del pubblico più largo, che era quello della mia serie televisiva, sarebbe stato reazionario e pressoché criminale dare un’immagine disperata del mondo. Il primo compito è di tentare di renderli più forti dicendo loro: ‘Voi avete ancora delle possibilità: Voi potete fare uso della vostra potenza, perché l’oppressore dipende da voi. Che cosa è un padrone senza operai? Nulla. Ma si può senza dubbio pensare a un operaio senza padrone’. E se io ho fatto qualcosa che per la prima volta lascia la speranza, è stato fondamentalmente a partire da questa idea. E non si ha diritto di fare altrimenti con un pubblico di venticinque milioni di persone medie”.

LE MANI SVELTE. GIOVANI, DONNE, FABBRICHE

(Italia, 1981, col., dur., 67′)

Regia: Gianni Amico

Un reportage sulla realtà della fabbrica a Torino, con interviste a operai, donne, giovani e anziani. L’arrivo degli immigrati, i sacrifici, la ricerca di un posto di lavoro, le reazioni dei giovani al loro impatto con la fabbrica, i conflitti tra generazioni, le discriminazioni. Le mani del titolo sono quelle delle donne, modelli di tenacia e adattamento per tutti quelli che lottano per la conquista dell’integrazione e per il miglioramento delle proprie condizioni di vita. Con musiche di Enrico Rava e Lucio Dalla.

 

Sabato 12 agosto dalle 1.20 alle 6.30

UN FILM NON COME GLI ALTRI. OLTRE E DOPO LA NOUVELLE VAGUE (8)

a cura di Fulvio Baglivi e Roberto Turigliatto

OTTO ORE NON SONO UN GIORNO

Episodio 3: Franz e Ernst

Episodio 4: Harald e Monika

Episodio 5: Irmgard e Rolf

(Acht Stunden sind kein Tag, Germania,  1972-1973, col., dur., totale 277’38’’, v. o. sott., it.)

Regia e sceneggiatura: Rainer Werner Fassbinder

Con: Gottfried John, Hanna Schygulla, Luise Ulrich, Werner Finck, Anita Bücher, Wolfried Lier, Christine Oesterlein, Renate Roland, Kurt Raab, Irm Hermann, Margit Carstensen, Ulli Lommel, Eva Mattes

 

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