L’amore a domicilio, di Emiliano Corapi

Pur con qualche ingenuità formale e narrativa, L’amore a domicilio, con grande anticipo sui tempi, si incastra perfettamente nelle visioni dal mood post-Covid-19. Su Amazon Prime Video

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Disponibile su Amazon Prime Video, L’amore a domicilio parte dall’incontro fortuito tra Renato, giovane assicuratore, e Anna, in cerca di un passaggio per tornare a casa, dopo aver sostenuto (e fallito) un esame all’università. Una volta arrivati nell’abitazione della ragazza, i due si lasciano subito andare ad un momento di passione. Tecnicamente impegnato in un’altra relazione per lui oppressiva, Renato prende subito le distanze dalla ragazza, ma il suo atteggiamento cambia del tutto quando scopre che Anna è ai domiciliari e quindi impossibilitata ad uscire per i successivi due anni.

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Date le premesse, questo secondo lungometraggio di Emiliano Corapi (dopo Sulla strada di casa) non poteva uscire (in streaming, per di più) in un momento più azzeccato. Il sorriso sardonico di Renato, col volto di Simone Liberati, alla notizia della situazione “legale” della ragazza (di cui il protagonista addirittura si prende la briga di avere assoluta certezza, grazie ad un rapido consulto con l’amico avvocato), che fino a tre mesi fa poteva sembrare ancor più surreale e cinico di quanto non risulti comunque ora, sembra fatto apposta per adeguarsi al cinema post-covid e, soprattutto, post-quarantena. Le quattro mura domestiche in cui Anna e di conseguenza Renato sono costretti a vivere la loro relazione, infatti, sono viste dalla prima come una gabbia, portandola addirittura a sognare luoghi e attività (come “lo sport”) a cui prima neanche aveva mai pensato, e dal secondo invece come il posto più sicuro al mondo. Non libero dal virus, ovviamente, quanto dalle pressioni e dalle delusioni che ogni relazione può portare con sé.

Come il Reuben Feffer di Ben Stiller in E alla fine arriva Polly, l’essere un agente assicurativo rispecchia perfettamente la caratterizzazione di Renato, che rifugge qualsiasi situazione o rapporto che possa fargli prendere dei “rischi” non necessari. Il film d’altronde si apre con la sua voce fuori campo racconta di quando, a dodici anni, aveva ricevuto in regalo una bicicletta e di come passava le giornate con la paura che gliela rubassero, almeno “finchè un giorno sono uscito e la bicicletta non c’era più. È stata una liberazione“. Ma se la Polly interpretata da Jennifer Aniston rappresentava la chance per Reuben di cambiare, l’Anna di Miriam Leone, pur altrettanto avventata, sconnessa e per questo tanto affascinante, attrae Renato proprio per la sua condizione forzatamente “gestibile”, almeno all’apparenza. L’amore a domicilio si distingue subito, quindi, per un background dei personaggi di base immediato, così facilmente riconoscibile, ma che invece a lungo andare si arricchisce sempre di più, a svelare dettagli e retroscena molto più complessi e significativi di quel che si poteva pensare. La stessa relazione tra i due, allora, segue questa costruzione, tra immediatezza (all’inizio anche troppa) e gustosa imprevedibilità, fino a raggiungere un livello di complicità insperata per quanto convince. Ben supportata, inoltre, tanto dagli stessi attori, quanto e soprattutto da una scrittura fresca e assolutamente non banale, specie all’interno del panorama nostrano.

Questa cura della coesione tra spazio e personaggi diventa così il marchio distintivo della pellicola. Se allora, con grande anticipo dei tempi, L’amore a domicilio ha la capacità di aver letto le differenti implicazioni umane della “Fase 1”, d’altra parte possiede anche il merito di lanciare un messaggio di speranza per la “Fase 2”. Sempre di pari passo con il racconto, infatti, più gli “inquilini” della casa di Anna aumentano (dall’irresistibile madre di Anna all’ex-fiamma ed ex-carcerato Franco), più quella dimora non sembra più tanto sicura, a testimonianza di come i problemi e gli errori del passato tornano sempre a bussare (letteralmente) alla propria porta, di come “rinchiudersi” può essere una soluzione temporanea e che poi bisogna prima o poi “andare avanti”.  Una dinamica profonda e altrettanto attuale e ben congegnata, che aiuta a superare anche quei momenti in cui la commedia finisce per incepparsi in ingenuità tecniche o narrative, vedasi tutto il corposo versante “criminale” o, più in generale, dei tempi di narrazione e di montaggio non sempre perfetti. Eppure a fine visione rimane la sensazione positiva di aver visto per una volta raccontati, col giusto grado di incisività, le ansie, le pressioni e i timori di una generazione allo sbando ben prima dell’epidemia. Lo spunto tanto surreale, che arriva a sposarsi paradossalmente in un’attualità, se possibile, ancor più straordinaria, diventa allora solamente quell’elemento in più da far superare ogni aspettativa.

 

Regia: Emiliano Corapi
Interpreti: Miriam Leone, Simone Liberati, Fabrizio Rongione, Anna Ferruzzo, Antonio Milo
Distribuzione: Adler Entertainment
Durata: 90′
Origine: Italia, 2019

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.29 (7 voti)
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