LETTE E…RIVISTE – "Non un film sulla natura selvaggia, ma un viaggio dentro la nostra natura": Werner Herzog, la fisicità del cinema

"Il mio approccio al cinema è fisico – atletico – piuttosto che cerebrale". Werner Herzog racconta a "PopMatters" il making of di "Grizzly man" e il suo punto di vista sugli orsi e la disneyzzazione mediatica della natura

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In Grizzly Man, Herzog traccia vita e morte di Timothy Treadwell, l'attivista che ha trascorso tredici anni in Alaska tra gli orsi. Nell'ottobre del 2003, Treadwell e la sua compagna, Amie Huguenard, furono uccisi da un orso grizzly nella Riserva Katmai.

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Molte delle opere di Werner Herzog esplorano la labilità dei confini tra verità e fiction e il bisogno umano di 'storie', i modi in cui le raccontiamo e comprendiamo…


 


Cynthia Fuchs: come hai trovato il materiale?


Werner Herzog: Una serie di fortunate coincidenze. Ero nell'ufficio di Erik Nelson, che lavora per Discovery Documentary e National Geographic. Lui mi ha messo in contatto con i dirigenti… Dopo Grizzly man, per loro ho realizzato altri due film. Alla fine di una riunione, non trovavo più gli occhiali…stavo guardando sulla sua scrivania – che era piena di articoli, libri, video e pranzi lasciati a metà. Lui, credendomi incuriosito da qualcosa, mi mostrò un paper: "Leggi questo, è una storia fantastica a cui stiamo lavorando". Lo lessi. Ritornai nel suo ufficio. "Chi è il regista?" chiesi a Nelson. E lui: "Tipo io…" Lo guardai dritto negli occhi: "No, io sarò il regista" (risate).


 


CF: generoso da parte sua…


WH: Lui è il 'padre' dell'intero progetto. Ma ha capito che una visione diversa avrebbe giovato alla pellicola. E aveva anche molte altre cose da fare. Sì, ho rubato il progetto in cinque secondi (risate).


 


CF: Tra le tue riprese e quelle di Treadwell, come hai costruito il film?


WH: Più o meno, metà sono le sue e metà le mie. E' stato tutto molto veloce: dopo 29 giorni il lavoro era pronto. Non c'è stata molta costruzione, molta riflessione.


 


CF: Ma hai dovuto attraversare ore e ore di riprese di Treadwell…


WH: Sicuro, più di 100 ore! Avrò impiegato due settimane solo per visionare tutto il suo materiale. Ma avevo quattro validi collaboratori, con direttive molto precise su cosa cercare. Ho concluso guardando 15-20 ore in tutto. Le mie scelte sono state velocissime e irreversibili (risate).


 


CF: Molto del lavoro di Treadwell sembra un processo di self-invention, un continuo rimaneggiare le scelte, tornare indietro…


WH: …e ripetere, sì. Era come un cineasta professionale. Spesso non contento del risultato e in quei casi cancellava tutto. Non voleva che altri vedessero le cose di cui non era soddisfatto.

CF: Che idea ti sei fatto del suo rapporto con il pubblico?


WH: Posso solo fare delle supposizioni, ma credo che Treadwell si rivolgesse ad un'audience che in qualche modo 'sentiva' le sue stesse cose – l'armonia della natura, gli orsi buoni e coccolosi. Vedi anche la disneyzzazione, totalmente pervasiva, della natura selvaggia in tv… ecco perché, attraverso il film, io contraddico Treadwell. Lui si vedeva come un principe, una star: ha stilizzato se stesso. La sua auto-rappresentazione ha comunque un certo fascino e mi ha toccato in profondità. Mi piace molto anche in tutte le volte che, di fronte a un fallimento, ha lottato per trovare un significato alla sua esistenza: "Non avevo una vita, e ora ce l'ho" […]


 


CF: E, come dici anche tu nel film, ha attraversato una sorta di confine invisibile…


WH: E' evidente, vedi il suo sforzo continuo di avvicinare gli orsi. Io, e molte altre persone, siamo contrari a questo atteggiamento. Rispettare gli orsi, non amarli. Per Treadwell invece era quasi qualcosa di religioso: uscire dalla propria umanità per raggiungere una specie di estasi. Ci sono molti momenti di paranoia in lui e nonostante questo è stato un grande educatore. Ha portato il pericolo che esiste là fuori, per gli orsi, dentro la nostra coscienza. La bellezza e la profondità delle sue scene sono senza precedenti. E non è tanto un lavoro sulla natura selvaggia, quanto un viaggio dentro la nostra natura.


 


CF: Ha creato delle immagini indimenticabili.


WH: Sì – è un cineasta da invidiare. Se ti dessi 50 milioni di dollari, non otterresti mai quello che lui è riuscito a fare con una piccola videocamera. E il meglio del meglio è in Grizzly man […]


 


CF: Cosa pensi dell'assenza di Amie Huguenard dalle riprese?


WH: Treadwell la nasconde. In 100 ore di film, lei si vede per 40 secondi. Lui si è voluto rappresentare come Lone Ranger… Avrei voluto parlare con i familiari di Amie, ma alla fine hanno preferito di no. Così lei resta la grande sconosciuta del film. Dai diari di Treadwell so che a un certo punto lei decise di lasciarlo, voleva tornare a casa e iniziare un nuovo lavoro che aveva già accettato. Al momento dell'attacco, lui gli urla: "Corri, corri!" e lei non lo fa. Prende quella che credo sia una padella e inizia a picchiare sulla testa dell'orso. Insomma, questa piccola donna che voleva mollare Treadwell al momento della sfida più grande gli resta accanto. C'è qualcosa di profondamente tragico ed eroico in lei. Se avessi accesso a tutte le cose che vorrei capire, farei un film su Amie.


 


CF: Molti dei personaggi sembrano isolati, sicuramente Treadwell…


WH: C'è qualcosa di meraviglioso in quell'uomo. Nonostante i suoi limiti. E riesci a vedere quello che lui ha provato ad ignorare – la ferocia e la crudeltà degli orsi.


 


"A more athletic approach: an interview with Werner Herzog", di Cynthia Fuchs – da PopMatters, agosto 2005


www.popmatters.com/film/interviews/herzog-werner-050811.shtml


 


Traduzione di Annarita Guidi

PopMatters è un magazine on line internazionale, con sede a Evanston, Illinois. Si occupa di critica della cultura popolare: dal cinema alla musica, dai libri ai videogames, dalle arti visive allo sport, dal teatro alla televisione, dai fumetti all'home video. PopMatters si avvale di collaboratori da tutto il mondo, con l'obiettivo di fornire al proprio pubblico idee, approfondimento, critica: punti di vista alternativi a quelli fruibili nel mainstream mediatico. Il web magazine, che vanta un milione di lettori al mese, è diviso in aree tematiche e i contributi sono organizzati, oltre che cronologicamente, in un archivio alfabetico; PopMatters ospita inoltre diversi blog – tra cui uno sulla cultura del consumo e uno sul ruolo del cinema nella dimensione quotidiana dell'esistenza – e una sezione interamente dedicata a MP3 e video.

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