L’Ifigenia jazz di Wayne Shorter ed Esperanza Spalding

I due jazzisti rileggono la tragedia greca in un’opera teatrale composita, che mescola i generi e plasma nuove prospettive sul mondo

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Ha debuttato a novembre, all’Arts Emerson di Boston, l’allestimento teatrale Iphigenia, nato dall’incontro tra Wayne Shorter ed Esperanza Spalding, due delle voci musicali più innovatrici ed eclettiche del nostro tempo. Lo spettacolo itinerante ha fatto tappa su alcuni dei più importanti palcoscenici statunitensi, dal Kennedy Center di Washington, al Cal Performances di Berkley fino al Broad Stage di Los Angeles. Shorter, che ha scritto le musiche dell’opera, è considerato una vera e propria leggenda vivente del jazz, che ha lasciato un segno indelebile nell’evoluzione della musica nell’ultimo mezzo secolo, salendo alla ribalta alla fine degli anni ‘50 come compositore per Art Blakey, per poi unirsi successivamente al Miles Davis Quartet. Spalding invece, curatrice del libretto, è una giovane contrabbassista, compositrice e cantante, vincitrice di quattro Grammy, capace di combinare musica jazz, classica e pop attraverso collaborazioni inusuali e sperimentazioni musicali. L’opera è una moderna rivisitazione della tragedia di Euripide in cui forme classiche e jazz si mescolano in una partitura orchestrale che accompagnano un libretto dalle suggestioni poetiche e profondamente radicali, in cui l’identità di Ifigenia si moltiplica e si frattura, lasciando emergere una figura femminile composita, moderna e rivoluzionaria.

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L’Iphigenia di Shorter e Spalding non è tanto un adattamento, quanto un vero e proprio intervento sulla creazione del mito, sulla musica e sull’opera così come la conosciamo. Non un’opera jazz nel senso stretto del termine, ma capace di combinare elementi jazz in modo sperimentale e imponente, eseguita dai 28 elementi dell’Albany Symphony. La sezione ritmica è stata affidata al quartetto di Shorter, che ha accompagnato nove cantanti, tra cui la stessa Spalding. L’insolito e visionario duo di jazzisti ha dato vita ad una rilettura della tragedia greca in cui il sentimento dominante è quello dell’amore umanistico, nel tentativo di risvegliare i sogni dei giovani, liberandoli dalle pressioni dell’età adulta. Ifigenia, da giovane donna condannata ad un destino ineludibile, diventa padrona di se stessa, rimettendo al centro la propria autonomia e libertà di scelta, dando voce a quell’urgenza collettiva di nuove visioni per il mondo futuro.

Un’opera audace, che rivisita il racconto classico, in cui la protagonista è sottomessa al sacrificio rituale. Shorter e Spalding ribaltano questa visione, infondendo alla loro Ifigenia la speranza per un futuro che è possibile (ri)scrivere. Spalding esplora il tema del consenso, operazione che raramente è stata fatta in precedenza con il mito di Ifigenia, senza negare però l’atto centrale della violenza. Lo scontro tra la volontà di autodeterminazione rispetto alle rigide imposizioni parte dal mito, per trovare poi conferma nelle divagazioni jazz che riescono a inserirsi nel paradigma della convenzione operistica.  Shorter ha apportato alla partitura un’intensa precisione orchestrale, che riesce comunque a far emergere energie intense e brutali, incarnate nella rappresentazione scenica. Dall’incontro/scontro tra il modello classico e l’imprevedibilità jazz si delineano così nuove forme di creatività tali da rendere Iphigenia un unicuum assoluto, che rilegge il passato per riformulare il presente e aprirsi a un futuro luminescente.

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