Linda e il pollo, di Chiara Malta e Sébastien Laudenbach

Da una parte è sorprendente per il disegno minimale e per una serie di spunti interessanti ma dall’altra è confuso e macchinoso in alcune soluzioni stilistiche. #TFF41 Concorso.

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Dal punto di vista della tecnica di animazione Linda e il pollo di Chiara Malta e Sébastien Laudenbach risulta abbastanza sorprendente. Nel bene e nel male. Infatti se da una parte si registra un disegno minimale, quasi abbozzato, intelligentemente mirato alla sottolineatura del colore e alla libera composizione delle forme, dall’altra ciò non sempre appare giustificato o davvero integrato nell’impianto narrativo del film. Il che spesso si risolve in una certa confusione, se non persino una gratuità, rappresentativa. Comunque l’opera porta alla luce una serie di spunti interessanti, mettendo in scena un mondo di adulti irresponsabili quando non assenti, e di bambini abbandonati alla ossessiva espressione del desiderio e della volontà senza alcun riferimento emotivo o morale.

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Insomma c’è come una sorta di tensione che fa da contesto alla ricerca del pollo che Paulette vorrebbe uccidere (!) e cucinare per la figlia Linda. Tensione legata all’evidenza di una realtà incongrua ma coerente nel suo sotanziale parossismo. Troviamo madri isteriche, zie frustrate, anziane egoiste, padri narcisisti; e poi ragazzine che lasciate sole gestiscono la casa, fanno la spesa e si occupano di neonati e cani. Ma è davvero così fantasioso questo mondo di adulti-bambini e bambini-adulti? E cosa succede quando i primi annegano nel senso di inadeguatezza e cercano di assecondare i secondi? Un caos di disagi che ritrova l’armonia auspicata solamente nella parodistica ricostituzione delle convenzioni famigliari. L’unica autorità ad essere compromessa, colpevolizzata, senza possibilità di redenzione è la polizia, lo Stato. E in generale tutto si risolve con una comunità ritrovata intorno a un pasto in cortile: immagine fra il nostalgico e l’utopico astutamente realizzata.

C’è però uno strano corto circuito laddove gli adulti, finora mostrati nei loro limiti mai davvero problematizzati, si accoppiano in dinamiche relazionali sì buffe ma anche potenzialmente tossiche. In più, se in esterna appunto si ritrova un senso di socialità, dentro le mura della cucina Linda deve vivere quasi in solitaria il suo coming of age. Spinta a riappropriarsi del ricordo della morte del padre tramite l’uccisione riutale del pollo, sembra infine elaborare il lutto. E nella complessiva piacevolezza del film non si può non evidenziare ambiguità e macchinosità della risoluzione.

 

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
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Il voto dei lettori
5 (4 voti)

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