Linee parallele, di Wanuri Kahiu

Il film Netflix fa dell'(abu)sato interrogativo del “What if?” il mezzo per indagare la tensione tra due possibili esistenze. Ma la binarietà di racconto scade spesso in una piatta deviazione dal tema

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Se dovessimo indicare un punto d’incontro tra la vita e l’imitazione che di essa ne propone il cinema, forse lo troveremmo nei (macro)eventi del destino, e in particolare nella loro azione motrice. Come tasselli di un mosaico più grande, sia nella finzione che nella realtà essi danno vita ad una sequela infinita di possibilità e conseguenze, mettendo in moto delle traiettorie alternative di cui ignoriamo inizialmente tanto la direzione, quanto lo sbocco conclusivo. E se nella realtà generano esiti imprevedibili, solo al cinema – e forse solamente nelle narrazioni strutturate sui parallelismi narrativi – possono essere canalizzati in funzione propriamente tematica. È così allora che Linee parallele, sulla scia di film come Sliding Doors, Destino cieco e Lola corre, struttura il suo orizzonte semantico attorno all'(ab)usato concetto del “What if?” per enfatizzare attraverso una duplice versione della “stessa” storia, il vero nucleo tematico del racconto: la gravidanza, e l’impatto totalizzante che essa può avere sull’esistenza di una giovane ragazza.

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Incardinando allora la narrazione su due binari narrativi che scorrono simultaneamente, Linee parallele vive della sua propensione alla specularità diegetica in vista di un racconto che indaghi il nucleo tematico della gravidanza, nel contrasto di due realtà separate. A dividere il film in due orizzonti alternativi, è appunto la possibilità o meno per la protagonista di rimanere incinta. Natalie (Lili Reinhart) è una ragazza brillante con un sogno nel cassetto: non appena laureata desidera lavorare nel mondo dell’animazione, e trasferirsi così dal Texas alla California. Ma l’eventualità di una gravidanza inaspettata le pone davanti due prospettive di segno opposto: da un lato la maternità, con la conseguente necessità di abbandonare le proprie priorità individualistiche; dall’altro la libertà di perseguire i suoi progetti, e definire sin da subito la sua vita all’insegna dell'(auto)affermazione professionale.

 

È a questo punto che dal protagonismo individuale si passa ad uno binario, con il film che iscrive le traiettorie alternative delle “due” Natalie in realtà speculari e al tempo stesso non-comunicanti. Attraverso uno sdoppiamento iconico, l’immagine della protagonista si fa così veicolo di due “verità”, di vie esistenziali che entrano in connessione proprio sulla base della loro alternatività immaginaria, su cui Linee parallele staglia abilmente tutte sue marche enunciative, senza sacrificare i contenuti (nonché l’investimento emotivo) sulle soglie di intrecci poco chiari e convoluti. Il vero problema, piuttosto, risiede nell’inabilità del film ad evitare una piatta democratizzazione dei due scenari, portando così la narrazione a tradire le sue istanze comunicative di partenza. Se la presentazione di una “versione di vita alternativa” alla gravidanza nasce come strumento di promozione della maternità giovanile – essendo il film smaccatamente “pro life” – spesso l’approccio in parallelo risulta essere fonte di distrazione – e non di enfatizzazione – dal nucleo tematico che si vorrebbe qui affermare. È questa una delle molte ambiguità di un testo, che in mancanza degli avvenirismi estetici dei citati film di Kieślowski e Tykwer, cerca di giustificare, attraverso la sola binarietà di visione, le diverse possibilità esistenziali che si sviluppano attorno ad un macroevento. Riuscendo solamente in parte a trattarle in profondità.

Titolo originale: Look Both Ways
Regia: Wanuri Kahiu
Interpreti: Lili Reinhart, Danny Ramirez, David Corenswet, Aisha Dee, Andrea Savage, Luke Wilson, Nia Long, Amanda Knapic
Distribuzione: Netflix
Durata: 110′
Origine: USA, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3
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Il voto dei lettori
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