Lo spacciatore, di Paul Schrader

Altra variazione sul tema del peccato e della redenzione del cinema di Schrader con la fotografia di Lachman che esplora il rapporto con lo spazio secondo la lezione di Antonioni. Su Mubi

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Un lungo arco che congiunge gli anni ’70 agli anni ’90. Travis Bickle di Taxi Driver, Julian Kay di American Gigolò e infine John LeTour di Lo spacciatore. Un unico personaggio nato dalla penna di Paul Schrader che evolve dalla psicosi post traumatica da stress alla sindrome da privazione di sonno. La crisi esistenziale attraversa tre decenni è sembra fotografare perfettamente la fine dell’hangover degli edonistici anni ’80 e l’inizio di un profondo disagio identitario che investe la figura maschile degli anni ’90.

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John LeTour (Willem Dafoe) è un ex tossicodipendente che spaccia nei quartieri dell’upper class newyorkese ed è alle dipendenze della determinata Ann (Susan Sarandon) convinta dal socio gay Robert (David Clennon) a cambiare attività per tuffarsi nel settore dei cosmetici. Quando John incontra la ex Marianne (Dana Delavy), il passato riemerge pericolosamente e si innesca una spirale emotiva dalle forti componenti autolesionistiche.

Non ci sono più i cinemini porno e le elezioni politiche di Taxi Driver; di American Gigolò rimangono solo gli abiti firmati Armani e una certa tendenza arty degli interni. Mentre le note di World on Fire dei The Call seguono il viaggio di John al termine della notte, l’attualità sembra evaporare tra le strade colme di rifiuti e ricompare a sprazzi in qualche comunicato alla televisione. L’intento di Paul Schrader è di costruire/decostruire il rapporto malato tra un uomo e il suo ambiente, attraverso la voce narrante delle pagine di un diario intimo (espediente che riprenderà in First Reformed). Le peregrinazioni notturne in limousine mostrano diversi momenti di smarrimento e debolezza; anche le figure che attraversano la strada sembrano fantasmi, contenitori vuoti privati della essenza vitale, in preda a sindromi maniacali-depressive o ossessioni teologiche (il cliente che cerca di dimostrare l’esistenza di Dio usando l’argomento ontologico). Che qualcosa si sia rotto dentro il meccanismo routinario di John è abbastanza evidente: basti ricordare i due incontri con la “lettrice psichica” Teresa (Mary Beth Hart) che prima lo avverte che il vero pericolo è dentro di lui e poi lo mette in guardia di un’ aura di morte che è essere comparsa dopo l’incontro con Marianne.

Più che le dichiarate influenze bressoniane (Pickpocket), Paul Schrader sembra guardare all’Abel Ferrara di King of New York mescolando meri istinti terreni con aspirazioni trascendentali. Così non sembra così strano che uno spacciatore voglia salvare un cliente mandandolo in riabilitazione o denunci alla polizia un folle assassino che nasconde i propri delitti seriali camuffandoli da suicidi o da overdose. La messa in scena di Schrader utilizza simboli (la colonna che divide John e Marianne durante il primo colloquio, i disperati messaggi dei clienti tossicodipendenti in segreteria telefonica), musiche da atmosfera (la colonna sonora di Michael Benn, il pop anni ’90 di The Call, Kane Roberts e Wizdom-N-Motion) e la particolare fotografia di Ed Lachman che tende ad esplorare il rapporto con lo spazio secondo la lezione di Michelangelo Antonioni. La trama noir è un semplice pretesto per sottolineare la progressiva distanza tra la realtà circostante e le frustrate aspirazioni dei diversi personaggi.

Presentato con buon riscontro critico al Festival di Berlino del 1992, Lo spacciatore è l’ennesima variazione sul tema del peccato e della redenzione così tipica della filmografia di Schrader. In mezzo al buio pesto di una esistenza votata all’autodistruzione, compaiono per qualche istante piccole illuminazioni, impercettibili rivelazioni che solo un occhio allenato può cogliere. Schrader regala al suo personaggio una seconda possibilità, un sonno ristoratore dopo notti di guardia a tenere a bada le ultime tentazioni di morte.

Disponibile su MUBI (gratis per 30 giorni accedendo da questo link)

Titolo originale: Light Sleeper
Regia: Paul Schrader
Interpreti: Willem Dafoe, Susan Sarandon, Dana Delany, David Clennon, Mary Beth Hurt, Victor Arber
Durata: 103′
Origine: USA, 1992
Genere: drammatico

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (3 voti)
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