Lux Santa, di Matteo Russo

Il docu-film del regista crotonese è un’opera che si inserisce con delicatezza all’interno del panorama documentario nostrano, e vive e brucia attraverso i suoi simboli. #TFF41 Documentari italiani

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Il 13 dicembre di ogni anno, a Crotone, la festa di Santa Lucia è forse l’evento più atteso dell’anno. Come da tradizione, infatti, i ragazzi dei quartieri cittadini allestiscono grandi piramidi di legno a cui dare fuoco; rito generazionale volto a restituire alla Santa la luce dello sguardo, e fulcro di una inevitabile competizione “amichevole” tra i rioni.

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All’interno di questa suggestiva cornice paesana Matteo Russo innesta Lux Santa, documentario presentato in anteprima al 41° Torino Film Festival – nella sezione Documentari Italiani – che segue le vicende di alcuni adolescenti del quartiere Fondo Gesù. A spasso tra viuzze, abitazioni e discoteche locali, il regista inquadra la quotidianità tormentata dei suoi soggetti, ritrae le infanzie rubate di quindicenni costretti all’età adulta, ne intreccia i destini e i percorsi, accompagnando con cura la costruzione della “piramide” e sfruttandone le fasi di realizzazione per scandire narrazione e processo di crescita dei personaggi.
Lux Santa è un’opera-compressa, un docu-film lampo. Un viaggio intrapreso nel 2021 – attraverso riprese mai confluite nel montaggio finale – e conclusosi l’anno successivo in un arco di tempo di sole due settimane. Una toccata e fuga, potremmo azzardare. Un brevissimo contatto ligneo mascherato però dall’intensità della scintilla generata.
Influenzato, per ammissione stessa del regista, da quel movimento documentario italiano (da Carpignano ad Ancarani) cresciuto in autorevolezza nel corso degli ultimi anni, il film di Russo è “temporalmente” agli antipodi rispetto (ad esempio) ad A Ciambra che non ci stanchiamo di ri-osservare, ma riesce in ogni caso a restituire un vicino senso di immersione nella realtà autoctona presa in esame.
Il segreto del regista risiede forse negli insistiti primi piani dedicati ai ragazzi, nel tentativo di catturare l’intimità di ciascuno, le paure inconfessabili, i disagi e le mancanze. O forse nei lunghi silenzi che si inseguono lungo il breve minutaggio, distanti dal dato anagrafico, ma necessari alla riscoperta di sé e dell’altro. O forse ancora nella struttura simbolo del film: quella piramide di legno modellata con passione, onnipresente anche se fuoricampo e via via sempre più alta, a toccare il cielo.
Quel che è certo – e al di là di ogni finzione – è che Lux Santa è un’opera delicata, che affonda il viso nel dramma sfiorandone le superfici; e che, anche solo per qualche minuto, si veste della potenza incendiaria di vive speranze. Contro tutto e tutti, a illuminare l’oscurità.
La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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Il voto dei lettori
2.5 (2 voti)
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