MOVIEGAMES – La maledizione delle tenebre

Perché col gameplay ripreso direttamente da "Devil May Cry" la vecchia serie di "Castlevania" riesce a rinnovarsi e ad essere ancor oggi entusiasmante, mentre quella più recente dello stesso "Devil May Cry" sembra non avere più nulla di nuovo da dirci?

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Il primo episodio di Castlevania è uscito esattamente 20 anni anni fa e girava su Amiga, Commodore 64, NES e sulle console arcade delle sale giochi. Si trattava di un mix – a livello di gameplay – di slash-'em-all e di platform. Il giocatore, in un ambiente a due dimensioni con lo scorrimento orizzontale, doveva avanzare combattendo mostri ed evitando trabocchetti, esattamente come nello storico Ghost 'N Goblins dell'anno prima (rivisitato nel 2001 con Maximo). Se entrambi avevano una dimensione horror, Castlevania fin dall'inizio è stato insieme più cupo ma anche paradossalmente più ironico. Più cupo per le tematiche: la lotta contro il male impersonificato da Dracula che con le sue legioni demoniache vuole sopraffare l'umanità. Più ironico nel suo aggiungere fin dall'inizio elementi apparentemente incongrui nel contesto. Già nel primo episodio, ad esempio, ci scontriamo pure con delle creature di Frankenstein, palesemente stonanti rispetto all'epoca – la fine del '600 – in cui è ambientata la storia. Così come del resto nell'ultimo episodio Castlevania: Curse of Darkness (Konami/Halifax, per Ps2 e Xbox), che ritorna indietro alla seconda metà del '400, scopriamo nei saloni di un imponente castello una sedia elettrica, bizzarramente utilizzata per ripristinare l'energia del nostro eroe, o nelle lande sconvolte dalla guerra, un imperturbabile signore molto "british" con cappello a cilindro. Questi elementi fuori contesto sono talmente e volutamente alieni che lungi dal disturbare, riescono a divertire con la loro stranezza, del resto non maggiore della panoplia infernale che ci viene ogni volta gettata contro.

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Dal 1986 ad oggi ci sono stati 26 titoli dedicati a Castlevania (conto realizzato da Mobygames, tenendo presente anche le edizioni speciali) e in vent'anni la serie è riuscita contemporaneamente a rinnovarsi ed a rimanere fedele a se stessa. Anche letteralmente: oltre a Curse of Darkness è da poco uscito per Nintendo DS l'episodio Dawn of Sorrow che riprende esattamente la struttura di gioco a scorrimento orizzontale. Ma in particolare è qui interessante notare come, negli episodi per le console più potenti, e in particolare in quest'ultimo C:CoD, la serie prenda il sistema di combattimento direttamente da Devil May Cry. Ovvero: un sistema estremamente orientato all'arcade, ambientato in un 3D in cui il numero dei nemici ha la precedenza sullo stile di combattimento. Come Dante, anche il protagonista di C:CoD può effettuare un doppio salto con tanto di possibilità di menar fendenti a mezz'aria. Il semplice upgrade delle armi viene sostituito qui da un sistema che ci permette di costruirci da soli delle armi con i materiali che troveremo durante l'esplorazione dei livelli e dalle spoglie dei nemici, e poi di combinarle tra loro per ottenerne di sempre più potenti. Il tipo di arma che preferiremo (spada, ascia, lancia, tirapugni) influenzerà anche lo sviluppo dei demoni che porteremo con noi. Ma qui occorre entrare nel vivo della storia…


Lo abbiamo già detto svariate volte in passato: la storia non è un mero accessorio trascurabile come sostengono alcuni studiosi. Se mancasse una storia a fare da ambientazione all'attività di massacro dei mostri perché dovremmo sostenere che vi sia una differenza tra Castlevania e Devil May Cry, tra i rispettivi episodi delle due serie? Basterebbe acquistare un gioco e continuare a giocare a quello se l'essenza del gioco si trovasse unicamente nella parte ludicamente interattiva (l'uccisione dei mostri). Al contrario se possiamo sostenere una differenza qualitativa tra C:CoD e ad esempio DMC3 è proprio in base alla storia e a come viene gestito il gameplay all'interno del contesto da essa creato. Nel caso di Curse of Darkness la storia è ambientata nella seconda metà del 1400, quando Trevor Belmont ha (in apparenza) sconfitto Dracula e le sue orde, ma quest'ultimo ha gettato una maledizione sulla Slovacchia che si trova sotto il giogo di carestie e pestilenze. In questo contesto ci troviamo calati in un personaggio di contorno della saga, Hector, fascinoso forgiatore diabolico che ha militato nelle file di Dracula. Hector ha la capacità di forgiare dei demoni dalla materia inanimata ma ha rinunciato alla sua schiatta ed ha abbandonato la battaglia per amore di una donna, denunciata però ingiustamente di stregoneria da un altro forgiatore diabolico, Isaac, e condotta sul rogo. Ciò che anima Hector all'inizio del gioco non è sete di giustizia contro ciò che resta dell'esercito vampiresco, né la compassione per gli abitanti delle terre martoriate: è pura e semplice vendetta nei confronti di Isaac, un tempo suo compagno ed amico. Per questa vendetta egli riprende i suoi poteri e si allea al vecchio nemico, Trevor Belmont, per combattere la minaccia comune. Il gioco si dispiega nell'esplorazione di castelli, palazzi, sentieri, ognuno popolato da mostri sempre più potenti a cui Hector potrà far fronte con le proprie armi sempre più potenziate e con l'aiuto dei demoni che saprà forgiare, ognuno dei quali avrà una evoluzione specifica a seconda di quanto sarà "usato" e di quale arma Hector preferirà usare in sua presenza.


In realtà graficamente e dal lato esplorativo Curse of Darkness non può competere con nessuno dei tre episodi di DMC: siamo sempre di fronte ad ambienti estremamente limitati e spogli, ben distanti dalle lussureggianti ambientazioni, in buona parte esplorabili della serie di Dante. Ma mentre quest'ultima si è proprio persa andando a cercare la ricchezza – sia grafica che narrativa – al contrario Castlevania sviluppa le sue trame e sottotrame in una rigida maniera da fumetto o da telenovela. Non ci distraiamo, non ci perdiamo, ed abbiamo sempre ben chiaro il nostro compito: uccidere tutti i mostri e da ultimo vendicarci su Isaac (questi poi è assolutamente stupendo: potrebbe – sia per abbigliamento che per atteggiamento – essere uscito dritto dritto da una rappresentazione di The Rocky Horror Show). Sappiamo sempre "why we fight" e questo aiuta anche nei momenti maggiormente ripetitivi. In più la possibilità di far evolvere in una direzione o nell'altra i demoni che abbiamo forgiato ci dà una spinta ulteriore.


In conclusione se non possiamo parlare di capolavoro per C:CoD, quanto meno dobbiamo ammettere che si tratta di un ottimo gioco, in grado sia di interessare gli appassionati della saga, sia di coinvolgere chi della saga non sapeva nulla, anzi di prendere proprio questi ultimi e di condurli in modo "soft" (grazie al fatto che sostanzialmente si tratta di uno "spin-off" che si inserisce solo tangenzialmente nella saga) all'interno di essa. Abbastanza semplice da non spaventare i neofiti ma sufficientemente ricco da non annoiare neppure davanti all'ennesima stanza gremita di mostri attraverso cui ci troviamo a passare.

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