Nevermind: torna in libreria la bio a fumetti di Kurt Cobain

A trent’anni dalla morte del leader dei Nirvana, ecco in una nuova edizione il tributo che gli ha reso il maestro del fumetto italiano Tuono Pettinato

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Pubblicato originariamente nel 2014, e riproposto ora in una nuova edizione in occasione del trentesimo anniversario della morte di Kurt Cobain, il fumetto Nevermind (edito da Rizzoli Lizard, 112 pagine in bianco e nero), è una biografia che coglie e restituisce la sensibilità del leader dei Nirvana, il suo lato più autentico: quella rabbia esistenziale grazie alla quale è diventato – suo malgrado – la voce di una generazione.

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Tuono Pettinato (alias Andrea Paggiaro), maestro del fumetto italiano, ha raccontato la parte meno conosciuta della vita di Cobain: la sua infanzia felice di bambino dotato di un’immaginazione straordinaria, la sua precoce inclinazione per le arti e la sua iperattività. Uno scenario che cambia drasticamente con la separazione dei genitori, che sembra gettare un’ombra di tristezza sulla vita di Kurt, un senso di disillusione dal quale non si libererà mai più. Paggiaro ci mostra i desideri, il dolore e la realtà dell’infanzia di Cobain.

Un bambino troppo sensibile per un mondo duro e difficile, che non lo comprende e che crolla pian piano attorno a lui, lasciandolo senza punti di riferimento: una famiglia spaccata dal divorzio, i continui trasferimenti da una casa a un’altra, un padre competitivo che mai è riuscito a capirlo, il tutto peggiorato da un contesto soffocante, limitante e limitato come quello delle periferie statunitensi degli anni ‘80.

Il 5 aprile 1994, prima di togliersi la vita, Kurt Cobain lascia una lettera a Boddah, il suo amico immaginario, amico però più vero di qualsiasi reale, che gli rimane accanto anche nei momenti peggiori, quando l’unico modo per fuggire alle delusioni, al dolore, alle ferite coincide con il tentativo di cercare una pace interiore – un Nirvana – attraverso la musica e la droga: “Mi è andata bene, molto bene, e ne sono grato, ma è da quando ho sette anni che sono pieno di odio verso l’umanità in generale”.

Non sono le parole che ci si aspetterebbe da un ventisettenne che, come leader dei Nirvana, ha conquistato le classifiche internazionali e rivoluzionato il concetto di rockstar. L’enorme successo di pubblico e critica, arrivato già al secondo disco, aveva solo peggiorato la depressione che accompagnava Cobain sin dall’infanzia.

Grazie a una narrazione fluida e coinvolgente, il lettore non solo legge, ma vive questi momenti: canta a squarciagola insieme a Kurt e al suo amico immaginario, assapora con lui la spensieratezza e subito dopo il dolore della perdita di certezze, dello sradicamento, dell’incomprensione, cerca un appiglio per non scivolare nel baratro e lo trova nel liberatorio, emozionante incontro con la musica punk, nei primi, irriverenti concerti insieme ai pochi compagni, all’apice della felicità che “è prima del successo. […] Il successo rovina tutto”, prima della caduta, prima che il disagio diventi opprimente e ineludibile.

I continui rimandi alle strisce dei Peanuts, ai cartoni animati di Hanna & Barbera  e soprattutto a Calvin & Hobbes, sono armonizzati in uno stile personale, intimo, che mescola sapientemente ironia, delicatezza e immagini di grande impatto emotivo, come le scene della distruzione della batteria, della crocifissione mass-mediatica. Il ritmo, all’inizio disteso e concentrato su singoli eventi, si fa pian piano sempre più serrato: le ellissi temporali sempre più estese e i continui flash dipingono i risultati di un’infanzia difficile e dolorosa e fanno correre la storia verso la fine ineluttabile.

Nelle pagine del fumetto ci sono citazioni dei video, dei dischi della band, di brani celebri e di alcune esibizioni live. Compaiono elementi che strizzano l’occhio ai lettori in questo ritratto amorevole e sfaccettato, di un giovane tutt’altro che triste, che ha trovato nella musica un veicolo per incanalare tutta la sua carica e le sue emozioni.

Adolescente sempre “fuori posto”, determinato nei suoi progetti di fuga da una provincia popolata solo da “idioti, cavernicoli e taglialegna”, Cobain è rappresentato nel libro come una persona libera, gioiosa, non una star, ma un’anima mortificata da un contesto sociale incapace di accoglierne le irregolarità. Un “martire” che scelse di mettere fine alla sua esistenza entrando nell’Olimpo degli immortali.

L’incompreso e solitario Kurt non è da solo nel suo cammino finale, vuole che ci sia l’unico che lo ha sempre capito, il suo migliore amico Boddah. Tuono Pettinato li immagina allontanarsi, così come erano comparsi, oltre la vignetta. In un mondo accessibile e comprensibile solo a loro: il  mondo di Kurt e Boddah. Il ciclo si chiude e  in sottofondo risuonano le parole che avevano aperto la storia: “I’m so happy, ‘cause today I found my friends, they’re in my head…

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