OMBRE ELETTRICHE – La trasparenza dell'amore: "Leaving Me, Loving You"

Tra urbanistica e rigore formale, Wilson Yip sembra perdersi per le strade ordinate e al contempo caotiche di Shanghai: disidratando la scrittura filmica, fino a scarnificare le azioni e i sentimenti, ammanta i personaggi di un torpore ipnotico che fa naufragare la sua già flebile visione.

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Wilson Yip rappresenta ormai un'incognita nell'ambito delle produzioni hongkonghesi. Con all'attivo un pugno di sceneggiature scombinate (tra cui Hong Kong Showgirls) e alcuni film poco rassicuranti (01:00 AM, Daze Raper, Teaching Sucks!), diede un primo timido vagito con Mongkok Story, storia di triadi incompleta ma promettente, e si fece notare nel 1998 per un horror a basso costo, Bio Zombie, che mixava non-morti, commedia e svampita critica sociale in un ironico racconto circolare e disincantato. Poi, improvvisa, la svolta: Bullets Over Summer è un poliziesco ammaliante, anarchico – che ne rivela tutte le qualità di narratore, con un'empatia naturale verso i personaggi e le loro affinità elettive. Il successivo Juliet in Love, pur partendo dal solito sottobosco di piccola criminalità ed espedienti quotidiani, si rivela un avvolgente intarsio di umana speranza, con un amore in controluce, evanescente, tra un perdigiorno che non sa neanche perché sta al mondo e una donna sola, all'apparenza dura, eppure fragile. Ciononostante, in uno di quei rivolgimenti classici dell'industria cinematografica dell'ex-colonia britannica, mentre la critica di mezzo mondo trattiene il fiato, Yip non sembra per nulla persuaso sia questa la sua strada. I progetti successivi, pur rinvigoriti da produzioni di tutto livello, mancano di quella tranquilla carica emotiva, rivelandosi potenziali blockbuster dagli esiti contrastati: l'action Skyline Cruiser, il fantascientifico 2002, la briosa commedia sentimentale Dry Wood Fierce Fire e l'adolescenziale The Mummy Aged 19 sembrano ritrarlo in atteggiamento d'attesa.

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Con l'ultimo Leaving Me, Loving You sembrava giunto il momento del ritorno all'intimità, con una storia semplice e malinconica tutta incentrata su due solitudini. Lo lasciava presagire anche l'attaccamento con cui Leon Lai, uno dei protagonisti, seguiva il progetto (ne ha scritto il soggetto e ha voluto tenere le redini della produzione artistica), sperando di tornare alla magia alchemica sprigionata da Comrades, Almost a Love Story, di Peter Chan (1996), in cui recitava al fianco di Maggie Cheung. In realtà la pellicola, interamente girata a Shanghai in mandarino, somiglia più a un algido spot pubblicitario della città cinese – tutta grattacieli di vetro, interni lussuosi, scorci rassicuranti di pianificazione urbana – piuttosto che a un delicato poema sull'amore (e la sua assenza). Lo sguardo sulla città, contraltare smaliziata della Hong Kong di qualche anno orsono, risulta acritico e appiattito sulla mentalità pubblicitaria da pro loco, falsa quanto pretestuosa nello sfavillio dei fuochi d'artificio; discorso ben diverso – dunque – dalla vertigine popolare messa in scena in Hong Kong Express (Wong Kar-wai) o dalla nostalgia artificiale di City of Glass (Mabel Cheung), che pure erano cartoline fluorescenti che contribuirono alla notorietà turistica del luogo. Zhou (Leon Lai), dottore a domicilio con problemi relazionali, e Xin (la superstar Faye Wong), fredda organizzatrice professionista di party – fagocitati nel mondo asettico della società bene – si amano, si perdono, vorrebbero ritrovarsi. Hanno dalla loro il fato: Xin deve organizzare la festa di compleanno di un vecchino perso nei suoi ricordi, ma a causa dell'età deve consultare il suo medico – naturalmente Zhou. Il loro amore in trasparenza sembra spegnersi, a causa di gesti di routine che li ingabbiano in due mondi contigui, ma separati. Ciononostante una filigrana d'empatia li fa viaggiare su binari paralleli, uno scorrere cui non devono far altro che abbandonarsi. Ricco di particolari, con una cura tra lo stordente e lo stridente per la messa in scena – la scelta dei colori, delle inquadrature, del ritmo ipnotico, delle musiche (che invertono marcia dall'elettronica d'atmosfera al classico cantopop) – Leaving Me, Loving You finisce coll'essere un film mentale di ricordi ed ellissi. Raffreddando qualsiasi emozione, Wilson Yip destruttura il sentire, saturandolo fino all'eccesso di immagini e suoni, in modo da lasciar emergere il silenzioso vuoto di una città – e di due persone. Ma non ci si può accontentare di così poco.

 


LEAVING ME, LOVING YOU


Anno: 2004


Regia: Wilson Yip


Soggetto/Sceneggiatura: Leon Lai, Wilson Yip, Kwok Chi-kin


Cast: Leon Lai (Zhou Qian), Faye Wong (Xin Xiao-yue), Zhou Yue, Xiao Hai, Jiang Yihong, Chen Jian-Bin, Lee Na-Young


 


LINKS


http://www.lovehkfilm.com/reviews/leaving_me_loving_you.htm   (inglese)


http://www.brns.com/pages4/drama280.html  (inglese)


http://www.cantonkid.com/2004_Leaving.htm  (inglese)


http://www.cineasie.com/Leaving_Me_Loving_You.html  (francese)


 


DOVE ACQUISTARE


Reperibile la scarna edizione hongkonghese, che dietro un'elegante copertura cartonata nasconde un dvd assolutamente privo di extra, letterboxed, con suono in DTS o Dolby Digital. Sottotitoli rimuovibili in inglese.


http://www.charmes.de


http://global.yesasia.com

http://www.dddhouse.com

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