Peperoni ripieni e pesci in faccia, di Lina Wertmüller

Che non fosse questa la stagione migliore della Wertmüller lo si capiva dal titolo. Al grottesco e al ribaltamento feroce e comico dei clichè subentrano il calco e la ripresa di quanto di più banale e stereotipato si può immaginare e raffazzonare.

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Che non fosse questa la stagione migliore di Lina Wertmüller (ma come non sperare nei ritorni di fiamma, specie se si tratta di cinema italiano?) lo si poteva intuire dal titolo. Senza contare le genialate di Mimì metallurgico ferito nell’onore, la memoria torna alle provocazioni di Film d’amore e d’anarchia ovvero: stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza o a Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto: dove il grottesco – tratto distintivo della regista – imperava e il ribaltamento metodico dei cliché sociali e culturali se la rideva (e con lui lo spettatore) dei luoghi comuni. E allora mai titolo è stato più azzeccato, se quello che quattro parole suggeriscono si riproduce pari pari nella pellicola: non più critica comica e avvelenata, ma ripresa (senza creatività), calco (troppo semplicistico) e come se non bastasse forzatura (caricaturale a volte oltre il limite di decenza) di quanto di più comune e stereotipato si può immaginare e raffazzonare, nella fattispecie sul meridione del bel Paese e sui personaggi che lo animano. Un americano o un nordeuropeo che non hanno mai visitato l’Italia non avrebbero fatto di meglio.

Sembra di stare in uno spot della Findus quando realizziamo che Maria (Sofia Loren, in un ritorno non troppo azzeccato al grande schermo – forse più dignitose le fiction televisive) vive in una casa affacciata sulla costiera amalfitana, con un marito (F. Murray Abraham) che ha lasciato il lavoro di giornalista per fare il pescatore (sic!) e poter così vivere sempre accanto a lei. Disincanto, piccole gelosie e sogni abbandonati sono il sottofondo della loro relazione. I due hanno tre figli, che hanno lasciato la casa per intraprendere strade improbabili o, all’opposto, lineari fino allo sbadiglio: ragazze scapestrate, mogli esotiche e snob, compagne con la sindrome da insofferenza acuta per le riunioni di famiglia. E proprio uno di questi famigerati meeting è il motore della vicenda: l’occasione è la festa della nonna, e Maria spera che riunire tutti nel luogo dell’infanzia possa servire a rinforzare una volta per tutte i legami familiari. E’ semplicemente una storia troppo trita, e stupisce che la Wertmüller non solo l’abbia girata, ma proprio concepita. Lasciano – come sempre – l’amaro in bocca le potenzialità sprecate. E portare sullo schermo vecchie stelle o talenti emergenti non basta, se non a fare da richiamo – ma vorremmo sperare che lo specchietto non funzionasse più. Poi il cibo come filo conduttore, la mamma è sempre la mamma, i figli in fondo ne hanno sempre bisogno, anche se sono ormai adulti…è veramente troppo. Prevedibile. Sterile. Già visto, e non era stato certo un bel vedere. O forse la critica è talmente sottile che non si riesce a cogliere?

Titolo originale: id.

Regia: Lina Wertmüller

Interpreti: F. Murray Abraham, Sofia Loren, Moira Grassi, Angela Pagano, Elio Pandolfi, Carolina Rosi, Casper Zafer

Distribuzione: Sharada

Durata: 105′

Origine: Germania/Italia/Spagna, 2004

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