"Postal", di Uwe Boll
Chi pensa, come molti critici fanno, che Uwe Boll sia il “peggior regista del mondo” sbaglia. O meglio, potrebbe anche esserlo ma in modo assolutamente consapevole. Ispirato all’omonimo videogioco uscito nel 1997, “Postal” è un filmaccio brutto, sporco e cattivo, che possiede una carica demenziale ed eversiva che colpisce in modo diretto
Un giorno di straordinaria follia nella vita di Postal Dude, in giro nell’inquietante città di Paradise. Vessato e tradito spudoratamente dalla moglie obesa e ninfomane, minacciato da uno spettrale vicino di roulotte, reduce da un insensato e disastroso colloquio di lavoro, il nostro eroe crede di aver toccato necessariamente il fondo. Dovrà ricredersi presto, quando si imbatte in un gruppo di talebani scriteriati e in suo zio Dave, sedicente guru truffatore in una comune.
Zio e nipote si alleano per risolvere le loro difficoltà economiche, progettando un piano per rubare e vendere illegalmente un carico di oscene bambole, le Krotchy. Sfortunatamente per loro, anche i Talebani hanno deciso di impossessarsene. Le cose si complicano ulteriormente quando Osama Bin Laden si ritrova costretto a chiamare il suo fraterno amico George W. Bush per chiedergli di aiutarlo. Il pacifico Postal Dude, senza più nulla da perdere, imparerà così che nulla è più salvifico e gratificante che lasciarsi andare alla violenza e alla distruzione.
Chi pensa, come molti critici fanno, che Uwe Boll sia il “peggior regista del mondo” sbaglia. O meglio, potrebbe anche esserlo ma in modo assolutamente consapevole. Ispirato all’omonimo videogioco uscito nel 1997, Postal è un filmaccio brutto, sporco e cattivo, come nelle intenzioni del suo regista. La sua comicità demenziale è atrocemente innestata nella logica visiva e nel montaggio allucinato del videogame; le immagini si rincorrono nello spazio in una serie di “search and destroy”. La violenza non guarda in faccia nessuno: tutto ciò che nei film è normalmente vietato, censurato dal buon gusto e dalla correttezza politica, qui è mostrato sfacciatamente alla luce del sole, con un certo orgoglio nichilista. “Going postal” è un’ espressione idiomatica che significa impazzire cedendo alla violenza. Si riferisce ad una serie di casi avvenuti negli Stati Uniti dalla metà degli anni’80. Diversi impiegati postali, in diversi Stati americani, sono improvvisamente impazziti, cominciando a sparare all’ impazzata su tutti quelli che gli capitavano intorno.
L’insensatezza e il ribaltamento della logica narrativa fanno da sempre parte della comicità demenziale. Film come L’aereo più pazzo del mondo o, in tempi più recenti, Zoolander ne sono la prova. Ma Postal è più cattivo, più cinico e più nero. La scena iniziale, gli attentatori dell’ 11 settembre che cambiano idea perché non hanno contato bene le vergini che li aspettano in Paradiso, è drammaticamente coraggiosa e atroce nel suo irriverente acume. Boll, il regista boxeur che ha sfidato e vinto sul ring i suoi detrattori, ha coraggio nel dichiarare che il suo cinema è sporco perché il nostro mondo è sporco dietro l’ipocrisia della politically correctness, e lo fa affrontando un incubo ormai fissato nel nostro immaginario attraverso le immagini televisive, quello dell’11 settembre. L’apparente fragorosa incuria con cui si alternano le immagini e gli sketch di Postal rivela una profonda amarezza e una feroce e disarmante presa di coscienza della società occidentale.
Davanti alla quale le immagini e le storie “random” sembrano non aver più nulla da perdere, nulla per cui prendersi sul serio, proprio come “Postal Dude”.
Boll racconta il nostro mondo sette anni dopo l’ Apocalisse e lo fa con il peggiore degli intenti. Riesce a coinvolgere anche chi non ama il genere demenziale e i videogiochi. L’unica vera pecca del film è il fatto di scivolare troppo, dopo un inizio serrato e pieno di battute fulminanti, nella demenzialità a tutti i costi, che diluisce molto la sua carica corrosiva.
Titolo originale: id.
Regia: Uwe Boll
Interpreti: Zack Ward, Dave Foley, Erick Avari, Chris Coppola, Michael Benyaer, Jackie Tohn
Distribuzione: One Movie
Durata: 109’
Origine: Usa/Canada/Germania, 2007