RoFF18 – Holiday. Incontro con Edoardo Gabbriellini e il cast

Dopo Padroni di casa, Gabbriellini torna alla regia con un film ambizioso che ha raccontato oggi alla stampa dell’Auditorium

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La difficile storia di Veronica (Margherita Corradi), che a soli diciott’anni è stata accusata di aver ucciso sua madre e il suo amante. Una vicenda complicata e ricca di lati oscuri che ha portato la ragazza a scontare due anni di carcere. Durante questo periodo, il suo caso è stato sottoposto a un lungo e accurato processo che l’ha dichiarata innocente e le ha restituito la libertà. Uscita di prigione ritrova la sua migliore amica Giada (Giorgia Frank), che la aiuterà ad affrontare il mondo fuori dalle mura del carcere e a ricostruirsi una vita. Sarà molto difficile per Veronica dimenticare quel tragico evento, affrontare i media, un’adolescenza interrotta e rivolgere lo sguardo al futuro. Attraverso i ricordi suoi e di Giada, riavvolgeremo il nastro di una storia che più avanza, più si fa ambigua. Hollday è alla Festa del Cinema di Roma. Ecco l’incontro di regista e cast con la stampa di oggi.

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La genesi di questa storia: è il punto di partenza per esplorare il mondo giovanile. Che riflessione hai fatto?

Gabbriellini: Tante riflessioni in realtà. La partenza, in qualche modo, è forse una passione naturale per certe tematiche, curiosità nei confronti di alcuni eventi di cronaca che negli ultimi anni hanno coinvolto giovani ragazzi. Essendo padre di un ragazzo di 19 anni, son partite le domande che hanno poi messo le basi, i presupposti di tutto il film. Mi interessava e mi interessa sempre: è un’età quella dell’adolescenza, o dell’immediato post-adolescenza, dove stai per partire, stai per debuttare, la vita ti aspetta. Da qui nascono le fragilità, ma anche le complicanze. Se ci pensiamo attentamente: quanto è facile inciampare a quell’età?

Il film non segue una linea del tempo specifica: torna indietro, fa salti in avanti

Gabbriellini: È un gioco di specchi e ombre. Ed è stato deciso a tavolino la possibilità di poter ritardare la definitiva comprensione (che poi, in realtà, una definitiva confessione e chiarimento della storia c’è e non c’è): mi auguro che durante il percorso, nella visione di questo film, si possa abbandonare il presupposto di partenza che generalmente si dà ad un thriller, la domanda principe “chi è l’assassino?”. Vorrei la sospensione di un giudizio morale a priori.

Che complicità si è creata sul set e col regista? Come avete affrontato i vostri personaggi.

Corradi: L’alchimia che spero si evinca dal film, è un’alchimia assolutamente veritiera. Con Giorgia ci conosciamo, siamo amiche da 7 anni. Abbiamo portato una dimensione diversa del nostro rapporto sullo schermo, ma che ci ha unito ed è una sfumatura di quello che siamo noi. Edoardo è stato sicuramente fondamentale, con i continui consigli. Ci ha permesso di comprendere bene la storia, la direzione in cui voleva andare. Personalmente non penso di aver avuto una vera e propria costruzione del personaggio: fin da subito, non avendo mai studiato recitazione, è stato tutto un percorso di empatia in quello che provavo leggendo il copione.

Frank: Anch’io come Margherita, non ho mai studiato recitazione, quindi ci siamo trovate ad affrontare insieme, per la prima volta, un mondo completamente nuovo. Sono arrivata molto carica di ansia e di paure… Edoardo è stato bravissimo nel tranquillizzarci e nell’indirizzarci verso la strada giusta. Poi è stato tutto molto naturale.

Cosa ti ha convinta di questa storia e che complicità c’è stata nel produrre con Luca Guadagnino.

Musini: Edoardo mi piace tantissimo. Lo seguo da tanto, ho amato moltissimo il suo film precedente, Padroni di casa, e volevo tanto lavorare con lui. Abbiamo lavorato tanto a questa storia, in fase di scrittura, sia con lui che con Carlo Salsa, perché affronta dei temi delicati. È stato un bellissimo lavoro di squadra.

Gabbriellini: Per me l’incontro con Olivia è stato epifanico, perché ha dato uno step in più, uno sguardo in più. Ha aggiunto la sua sensibilità come fanno i produttori veri e ha fatto sbocciare il film nella sua natura sulla carta.

Musini: Mi è stata chiara sin da subito la visione di Edoardo quando me l’ha raccontata e questa credo sia una cosa molto fondamentale quando poi si decide di fare un film, soprattutto per l’aspetto contemporaneo della vicenda. Produrre con Luca Guadagnino e con Lorenzo Mieli è stata un’esperienza felice. Sono stati entrambi presenti, quindi la nostra collaborazione è stata molto arricchente.

L’importanza dell’acqua all’interno del film e perché proprio un albergo come location:

Gabbriellini: La scelta narrativa di ambientarlo in una località balneare, quindi di fronte al mare, la presenza dell’acqua e far accadere l’omicidio, non in mare ma comunque in una in una piscina di una spa… Farò una riflessione analitica su quello che significa per me l’acqua perché al momento è un pensiero filosofico a cui non so rispondere. Per quanto riguarda la location: nello specifico, la Liguria come località balneare in quella stagione incarnava perfettamente la stagione dell’età che si racconta il film: i primi baci, è finita la scuola, è un momento di sospensione dove tutto è possibile. La Liguria mi piaceva perché porta quei colori meravigliosi in quella stagione, nello specifico l’estate… L’azzurro e i pini marittimi, oppure per la morfologia, parlo da toscano quindi forse una lettura più personale: le montagne che incombono e che spesso basta che una nuvola oscuri il sole per sembrare minacciose. Dentro questa cosa qui, vi era il centro del racconto. L’hotel facilitava la creazione di un’arena, riusciva a far sì che le diversità dei caratteri osservati potessero trovarsi in quelle convivenze coatte, per farle esplodere.

Negli ultimi due anni sono aumentati i film che trattano l’adolescenza come punto cardine del racconto. È diventato un tema più interessante del solito?

Gabbriellini: È un’età carica di promesse, di complessità.

Corradi: Credo che sia importante il concetto di “gogna mediatica”. Un accanimento soprattutto sui social, e quest’ultimo utilizzato come mezzo di chiacchiericcio. Si sposa perfettamente con l’idea del paesino: dove tutti sanno tutto e hanno un’opinione.

Frank: Sui social sei sempre esposto, non solo nel vedere che le persone magari fanno una vita migliore di te, sei quasi obbligato a compararti con quello che vedi. E tutto ciò, sicuramente, non fa bene alla salute mentale. Bisogna continuare a lavorarci.

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