#RomaFF14 – Pupazzi alla riscossa, di Kelly Asbury

C’è l’ombra di Robert Rodriguez in un bel cartoon, forse con troppe canzoni, ma capace di essere al tempo sesso anche spettrale e gioioso

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Nel decennio scorso i peluches Ugly Dolls avevano spopolato diventando per la Toy Industry Association il gioco dell’anno nel 2006. E in Pupazzi alla riscossa entrano dentro un universo nero. E ci sono gli specchi. Gli stessi di Shrek 2, il suo risultato migliore. E si entra dentro un universo magico che diventa invece oppressivo come quello di La fabbrica di cioccolato. Sì, a tratti Pupazzi alla riscossa è un cartoon con atmosfere spettrali. Ma più che Burton, sembra esserci quel gioco lugubre del cinema di Robert Rodriguez. Quasi una specie di Spy Kids con meno avventura. Ma anche un’estensione di quel sinistro e affascinante ‘cimitero vivente’ del suo cinema. Rodriguez è tra i produttori e autore del soggetto di Pupazzi alla riscossa. E probabilmente qusto poteva essere uno dei desideri nascosti del suo cinema.

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Moxy è un peluche difettoso. E si trova confinata in un luogo assieme ad altri pupazzi usciti male dalla fabbrica e quindi scartati. Ma lei spera sempre che si avveri il suo grande sogno: trovare una bambina che la prenda con sé come suo giocattolo preferito. Con i suoi amici entra all’Accademia della Perfezione capitanata dal perfido Lou. Lì il gruppo viene ben presto preso in giro dagli altri. E Lou li vuole far fuori. Ma Moxy non si da per vinta.

“Chi è bello è perfetto”. Con atmosfere seducenti di un fantasy-thriller. Con la megalavatrice che ogni volta li rende un po’ più deboli. È forse questo il lato più affascinante di un cartoon che può apparire un inno contro ogni discriminazione. E la lotta per combatterla, ha qualcosa anche di politico. Forse è contaminato da troppe canzoni. Ma l’esplosione cromatica è gioiosa. Che combatte con la dimensione dark prima di imporsi. E quando avviene c’è l’impeto di Spirit – Cavallo selvaggio. Moxy e i suoi amici scoprono altri mondi. Come lo stallone con Piccolo Fiume, il giovane guerriero della tribù dei Lakota. E dietro c’è ancora il mito di La bella e la bestia come in Shrek 2. Con gli occhiali di una delle ragazzine dell’Accademia. Che mettono meglio a nudo tutti i difetti a un secondo sguardo.

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