SERIE TV – "Wilfred", di Jason Gunn e Adam Zwar

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Come nelle puntate migliori di South Park o dei Griffin (non a caso uno degli sceneggiatori di punta è David Zuckerman già sodale di Seth MacFarlane) Wilfred sa destreggiarsi tra gustosi riferimenti alla cultura americana ed episodi quasi mai edificanti, con un personaggio atroce, violento e volgare che conquista.

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wilfredQuello de “L’amico immaginario” è un personaggio che ha avuto un’enorme fortuna nella storia recente del cinema. Partendo dal 1950 con l’invisibile coniglio Harvey che tirava fuori dai guai l’affabile e bislacco James Stewart, fino a oggi con l’orsetto di peluche Ted che, grazie a un miracolo, prende vita e accompagna la crescita del suo padroncino Mark Wahlberg, abbiamo decine di esempi di questa figura “particolare”. Se ci facciamo prendere ancora la mano a tirare fuori altri ricordi non si possono non citare le apparizioni di Humphrey Bogart nella vita di Woody Allen in Provaci ancora Sam, l’Elvis che indirizza sulla giusta via lo sprovveduto Christian Slater di Una vita al massimo del compianto Tony Scott (su sceneggiatura di un esordiente Tarantino) oppure, arrivando addirittura al fumetto, l’enorme armadillo sempre pronto a dare ottimi consigli nei volumi del nostro eccellente Zero Calcare. Nonostante tutti questi importanti modelli, Wilfred è un’eccezione, meritevole di una categoria a sé.

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La serie comedy Wilfred, adattamento dell’omonimo format australiano, è, infatti, il racconto delle disavventure mentali di Ryan, giovane ex avvocato di successo reduce da un fallimentare tentativo di suicidio(le pillole con cui aveva deciso di andare in overdose erano in realtà un semplice placebo), e di una bestia decisamente sui generis. Wilfred più l’adorabile esemplare canino che conquista tutto il vicinato, solo ai suoi occhi appare come uno sboccato e maleducato uomo travestito da cane. Questo strana relazione però, pur con soluzioni non sempre ortodosse, permette al giovane di migliorare i rapporti con le persone che lo circondano (la vicina di cui è innamorato segretamente, la sorella autoritaria etc.) e di tornare a sperare nella felicità.

Questo espediente narrativo originale non è però l’unica caratteristica che rende Wilfred una serie borderline del panorama conciliante delle comedy statunitensi. A differenza dalle atmosfere idilliache dell’università di Community, del municipio di Parks and Recreation o della Nbc di 30 Rock, questa serie punta esclusivamente a disturbare il proprio pubblico con un efficace senso dell’umorismo che non disdegna l’abuso di ogni espediente comico che si basi su sesso, droga o qualsiasi altra schifezza che possa venire in mente. Come nelle puntate migliori di South Park o dei Griffin (non a caso uno degli sceneggiatori di punta è David Zuckerman già sodale di Seth MacFarlane) Wilfred sa destreggiarsi tra gustosi riferimenti alla cultura americana ed episodi quasi mai edificanti, con un personaggio atroce, violento e volgare che conquista.

Inoltre, al di là dei risvolti surreali della storia e della continua ambiguità di fondo che tanto ricordano le atmosfere di Fight Club e altre opere di Chuck Palahniuk, il successo dello show risiede nell’alchimia che si è creata tra i due protagonisti. Se il terribile Wilfred, dopo averlo ideato e interpretato in tutte le versioni, ormai, è parte integrante della vita del comico James Gunn, è piacevole vedere Elijah Wood nei panni dell’indifeso e introverso Ryan. Riuscire a togliersi di dosso la pesante eredità del ruolo dello hobbit Frodo e del successo del Signore degli anelli è stata un’operazione assai difficile ma l’attore, con scelte di carriera interessanti come lo slasher Maniac e questa seria dimostra di avere sempre l’intenzione di mettersi in gioco.
 

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