"Sono arrivato in un posto che mi ha detto che era quello il luogo in cui il mio protagonista avrebbe vissuto". Incontro con il regista americano Brad Mirman

Dopo "Under the Tuscan sun", ancora una volta la Toscana è scelta da un regista straniero come set cinematografico. Brad Mirman, a Roma per "The shadow dancer", le cui riprese avranno inizio tra qualche giorno, ha incontrato la stampa. Erano presenti gli attori Giancarlo Giannini, Claire Forlani, Joshua Jackson, Bianca Guaccero e Silvia De Santis

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Signor Mirman ci può parlare del progetto? Come è nato?

 

L’ho pensato e scritto io stesso. Poi ho passato la sceneggiatura ad alcuni produttori che conosco, con i quali ho realizzato l’ultimo film e che conoscono Massimo [Massimo Pacilio, il produttore del film n.d.r.]. Insieme hanno deciso di produrlo.

 

Cominceremo le riprese tra dieci giorni. In Italia dureranno circa sei settimane poi ci trasferiremo a Londra e lì faremo il resto delle riprese.

 

 

E l’idea?

 

Ho sempre avuto particolare interesse per gli scrittori e per quella che è la loro esperienza  e la loro vita, essendo anch’io uno scrittore.

 

 

Qual è la storia?

 

E’ la storia di un giovane che sogna di scrivere ma che nello stesso tempo ne ha il terrore per paura di fallire e di sbagliare. Ma è anche la storia di uno scrittore più anziano, anch’esso con la paura di continuare a scrivere perché, essendo stato un grande scrittore crede di non esserne più all’altezza. E’ quindi la storia di questi due uomini che si insegnano a vicenda cose che riguardano la vita, l’amore e la capacità di inseguire i propri sogni.

 

 

E’ un fatto autobiografico?

 

In realtà credo ci sia in entrambi i personaggi qualcosa di me, perché mi ritrovo sia nel personaggio di Joshua Jackson che in quello di Harvey Keitel.

 

 

Perché è stato scelto proprio Harvey Keitel nel ruolo dello scrittore anziano e perché Giancarlo Giannini per fare il prete?

 

Perché Harvey ha interpretato il mio ultimo film e l’ho trovato un eccellente, ottimo e brillante attore. Mentre giravamo quel film io gli ho mostrato la sceneggiatura di The shadow dancer, lui, dopo averla letta, ha deciso che voleva assolutamente interpretare quel ruolo ed ha ritenuto inoltre che Giancarlo Giannini sarebbe stato perfetto per il ruolo del prete.

 

 

Le piace lavorare con gli amici?

 

Certo. Ma credo anche che nessuno lavori semplicemente basandosi sul fatto che si è amici; io trovo Harvey un attore di grandissimo talento e capacità, poi il fatto che siamo anche amici è un di più.

 

 

Perché tanta importanza alla scelta dei luoghi?

 

Dal primissimo momento in cui mi sono accinto a scrivere la sceneggiatura sapevo che il borgo, il villaggio in cui quest’uomo va a vivere è un luogo in cui si va a nascondere. E la location, i luoghi sono in un certo senso un altro personaggio importante di questo film.

 

Per quale motivo la scelta è caduta proprio su quei luoghi, li conosceva? Oppure negli Stati Uniti in questo periodo sta andando di moda la Toscana?

 

Per rispondere alla prima domanda, no, non li conoscevo. In realtà ho girato parecchio proprio per andare a vedere quali potessero essere i luoghi più adatti. Ho girato villaggi, campagne e tutte le aree possibili finché sono arrivato in un posto ed ho sentito che era proprio lì che il mio protagonista avrebbe vissuto. Era come se il paese stesso mi stesse dicendo che quello era il posto giusto.

 

Per quello che riguarda la seconda domanda ammetto che sì, la Toscana esercita un certo fascino sugli stati Uniti e forse va anche di moda ma va anche detto che dal punto di vista dell’ottica del regista non mi potevo certo permettere il lusso di guardare la Toscana da questa prospettiva, deve essere qualcosa che si adatti al personaggio, una persona che si è trasferita lì 25 anni fa quando la Toscana non era di moda.

 

 

Ci potrebbe dire qual è il paese che le ha parlato?

 

Rocca d’Orcia, nella provincia senese

 

 

Come eviterà i cliché che in genere gli italiani trovano nei film americani?

 

Ovviamente un film non si può basare soltanto sui luoghi che ne sono soltanto una parte anche se importante. Il film deve avere un messaggio universale da trasmettere, meglio se può diffonderlo avendo come sfondo uno scenario come quello della campagna toscana. L’Italia è una enorme trama di cultura e di storia da cui andare ad attingere ed io non farei adeguatamente il mio lavoro se non aggiungessi il tocco, il gusto dell’Italia. Vi prometto però che eviterò i cliché.

 

 

Quali caratteristiche del protagonista del film ha trovato in Joshua Jackson?

 

Credo che quando tu guardi un attore con gli occhi del regista, quello che immediatamente ti colpisce è l’aspetto fisico, poi cerchi in questa persona il talento e anche quell’innata abilità che puoi vedere da una serie di cose, da una serie di elementi che ti fanno capire che quell’attore sarà in grado di interpretare quel ruolo, non perché  l’abbia già interpretato prima, ma perché riesci ad individuare quella scintilla, quel barlume che ti dice che lui sarà in grado di dar vita al personaggio perché possiede le qualità che cerchi.

 

 

 Intervista a cura di Francesca De Carlo

 

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