SPECIALE "LA PASSIONE DI CRISTO" – Aspettando God(ot)

Il grido al Padre sulla croce, la Sacra Sindone "sgonfia" del corpo risorto, desacralizzano il sacro e sacralizzano l'uomo? "Ecco l'uomo" di Gibson ma non la fisicità delle emozioni per cui il trascendente diventa l'immanente che vive nella vibrazione di un gesto, nell'esperienza di un volto, nella forza di una parola.

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Secondo Kierkegaard "il segno della fede è precisamente la crocifissione della ragione". La ragione diviene, come Gesù, un agnello sacrificale destinato a patire una lunga "via crucis" di flagellazioni e sputi, per togliere i peccati dal mondo. Risultato di questa premessa è l'ossimoro, secondo cui si dovrebbe vedere l'essenza dell'incarnazione nel passaggio dal divino all'umano. O, in assenza del Padre, ci si dovrebbe accontentare del Figlio. O si dovrebbe ammettere che Dio non è ancora arrivato, ma continuare a sperare che arrivi, religiosamente "aspettando God(ot)". O si potrebbe essere credenti soltanto non credendo, o sacri essendo profani, e così via paradossalmente. Il grido al Padre sulla croce, la Sacra Sindone "sgonfia" del corpo risorto, desacralizzano il sacro o sacralizzano l'uomo? "Ecco l'uomo" di Gibson ma non la fisicità delle emozioni per cui il trascendente diventa l'immanente che vive nella vibrazione di un gesto, nell'esperienza di un volto, nella forza di una parola. Il credo dell'autore prova a farsi carico, da una prospettiva teologica, delle problematiche di classe, razza e genere: rivolgendosi cioè a Gesù come alternativa a Che Guevara, Malcom X o Simone de Beauvoir. Dimenticando che proprio nel nome di Gesù Cristo sono state spesso avversate le innovazioni scientifiche, filosofiche e politiche più significative degli ultimi secoli: dal sistema copernicano all'evoluzionismo (vedi la teoria creazionista), dal razionalismo all'esistenzialismo, dagli stati di diritto alle rivoluzioni.

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L'ultima tentazione di Gibson è la rappresentazione autenticamente realista, dunque scandalosa(?), della Passione. Ma non è indecente abbassare il grande e sublime Profeta al rango di vittima perchè è solo così che si torna alla vera definizione di cristianesimo. Non è indecente perseguire l'unicità del reale, dunque l'aderenza della forma artistica ad aspetti di realtà. Gibson s'ispira a Caravaggio (vedi la deposizione dalla croce) ma non sa spingersi oltre, al di la del convenzionale, utilizzando uno stile che promuove l'identificazione piuttosto che il confronto. Per più di due ore ci si trasforma nella figura santa e martoriata sullo schermo, mentre i nostri problemi personali, le nostre colpe, i nostri peccati vengono sostituiti da preoccupazioni nobili e purificatrici. Il dramma spirituale, come il dramma romantico, diventa un modo per sottrarsi al dramma umano. Lo scontro tra umano e spirituale viene evitato. L'evento decisivo (lungo dodici ore) non è una spiazzante scossa stilistica, ma costituisce il culmine dei mezzi temporali ricchi adoperati. Convince il pubblico che la spiritualità può essere raggiunta attraverso un intermediario, come diretto risultato dell'immedesimazione. I mezzi temporali ricchi rappresentano una possibilità allettante per il regista, soprattutto se intenzionato (com'è) a fare proseliti: quelle giustapposizioni farebbero tremare anche il più convinto degli atei. Elevarsi? Perchè scomodarsi: Gesù è sceso, si è abbassato al livello dello spettatore… Ancora Kierkegaard: "Egli è l'oggetto dello scandalo e della Fede. Solo nell'eternità siede nella gloria. Qui in terra deve esser rappresentato nel Suo abbassamento, perchè ciascuno possa scandalizzarsene e credere".               

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