Il ring imbrattato del sangue dei lottatori, i corpi aggrovigliati a terra, gli occhi della tigre di Rocky III, con annesso parallelismo professionale e traccia rap ad esplicitarne il significato; e ancora la cattiveria agonistica di Million Dollar Baby, un acuto desiderio di rivalsa e la tossicità di un rapporto d’amore fasullo a fare da collante.

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Presentato all’interno del programma di Alice nella Città alla 18° Festa del Cinema di Roma, The Cage. Nella gabbia racconta la storia di Giulia (Aurora Giovinazzo), ex promessa delle Mixed Martial Arts (MMA) che, in seguito ad un incidente rimediato durante un combattimento con la rivale Beauty Killer, ha deciso di lasciare il mondo degli incontri per lavorare con il fidanzato Alessandro. I due, conosciutisi in una comunità religiosa guidata da Padre Agostino, si occupano insieme di un piccolo zoo e programmano di aprire una loro attività nel campo. Ma la ragazza, tormentata da reiterati flash dell’incidente, sogna di poter avere un’altra chance di dimostrare la propria forza sul ring e, sostenuta dall’allenatrice Serena, inizia un percorso di allenamento che possa condurla di nuovo faccia a faccia con Beauty Killer e con i propri demoni interiori.

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Di nuovo la lotta, di nuovo il microcosmo sportivo dell’anello assurto a metafora di risposta attiva al dramma esistenziale. Il film di Zanin si accomoda sul tracciato, si autoscrive, nutrendosi di riferimenti e immaginari noti e pescando, lo ripetiamo, da autori e opere di riconosciuto spessore internazionale. Il carattere derivativo del film, però, non è che un aspetto marginale del lungometraggio; il falso problema di un prodotto il cui principale vulnus intestino – all’interno del più che inflazionato panorama cinematografico e seriale postmoderno – risiede invece nella difficoltà a capitalizzare le proprie immagini, a dotarle di una energia propria che sappia quantomeno ricalcare i fasti del passato.

Blandi sono i montaggi degli allenamenti, scarichi d’adrenalina gli scontri sul ring. E a nulla, o quasi, giova la presenza di Giovinazzo, la cui bravura – purtroppo – viene nuovamente soffocata dalla immobilità di una caratterizzazione ormai abusata; dove la durezza dei lineamenti dell’attrice diviene addirittura pretesto per un didascalismo al quadrato da technical knock out.

Quel che ne risulta, in definitiva, è la forte sensazione di un’occasione sprecata, dai pochi lampi; di un’opera vittima di un’ambizione che, per quanto lodevole, sembra più che altro rimanere su carta.

Regia: Massimiliano Zanin
Interpreti: Aurora Giovinazzo, Valeria Solarino, Brando Pacitto, Alessio Sakara, Desirèe Popper, Patrizio Oliva, Fabrizio Ferracane
Distribuzione: Rodeo Drive
Durata: 104′
Origine: Italia, 2023

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