"The Protector – La Legge del Muay Thai", di Prachya Pinkaew

Siamo nei pressi di un’industria culturale che continua a fagocitare e ad allineare i propri modelli, rendendo invisibili le differenze. Dopo i primi minuti che recuperano la fierezza per le proprie radici e tradizioni del cinema di Pinkaew, il film pare all’improvviso triturato ed accartocciato da un’idea in tutto e per tutto ‘globalizzata’ di messinscena

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protectorUn notevole, bellissimo ed emozionante pianosequenza di quasi cinque minuti con l’atletico campione di Muay Thay Tony Jaa coreografato a sgominare per quattro piani di albergo i malintenzionati che gli sbarrano la strada (rigirato per ben sei volte di fila sino al ciak che vediamo nel film, con conseguente sostituzione in corsa dell’operatore steady stremato dalla fatica): è quanto rimane in questo The Protector delle peculiarità che rendevano strepitoso il primo film della coppia d’oro del cinema di Bangkok, Prachya Pinkaew & Tony Jaa (con l’apporto fondamentale di Panna Rittikrai come coreografo delle scene di lotta e stunts coordinator), Ong Bak. Quel film era stato d’importanza fondamentale per la visibilità della produzione cinematografica tailandese all’estero: una pellicola d’arti marziali fieramente autarchica, fortemente caratterizzata dalla sua ambientazione locale, che conteneva in sé luminosi frammenti di storia e cultura tailandese, nonché una chiara sfida ai canoni occidentalizzati del cinema di lotte e combattimenti: lì, gli impegnativi (per l’occhio dello spettatore, e per gli atleti sullo schermo) pianosequenza con cui Pinkaew sottolineava le sorprendenti abilità combattive di Tony Jaa ribadivano fortemente l’estraneità di quel cinema nei confronti della frammentata caoticità della messinscena hollywoodiana sincopata dei combattimenti corpo-a-corpo, alla ricerca di un’armonia globale della sequenza che ne provava ulteriormente la ‘veridicità’ (sempre, contro i trucchetti computerizzati degli Studios). Un fenomeno glocal contro la globalizzazione del cinema di arti marziali. In questo nuovo film, il cinema di Pinkaew pare invece all’improvviso totalmente triturato ed accartocciato da un’idea in tutto e per tutto occidentalizzata (leggi: globalizzata) di cinema e messinscena. Siamo nei pressi purtroppo di un’industria culturale che continua a fagocitare e ad allineare in se stessa i propri modelli, rendendo invisibili le differenze, sino a farle scomparire. Dopo i primi venti minuti, piuttosto belli, che recuperano la struggente fierezza per le proprie radici e tradizioni del cinema di Pinkaew (la bellissima scena iniziale di Ong Bak, con quella danza meravigliosa tra i rami di un albero gigantesco), la ricerca puntigliata di sfide e ostacoli da superare dell’imbattibile Tony Jaa a cui è stato rapito l’amico più caro, l’elefante che sin da piccolo ha usato come palestra personale per allenarsi, innalzandosi tra le sue zanne e arrampicandoglisi sul dorso, viene seguita dal regista adottando una messinscena atta a scimmiottare terribilmente male proprio la piattezza video delle scene di lotta hollywoodiane: questo porta Pinkaew a servirsi di un montaggio scellerato e sminuzzato che manca completamente di senso, e di una fotografia sovrailluminata che rovina pressoché ogni sequenza. In più, la vicenda del film è resa quasi del tutto incomprensibile dalla decisione di decurtare dalla versione per l’estero, Italia compresa, il particolare della transessualità del villain, Madame Rose (interpretata dall’attrice transessuale Jing Xing). Una vera delusione. Il film è circolato anche col titolo Ong Bak 2. Si tratta per fortuna di un errore: il vero sequel di Ong Bak è attualmente in postproduzione, e vede l’interessante esordio dietro la macchina da presa dell’ancora promettente Tony Jaa, coadiuvato nella realizzazione del film dall’inseparabile Panna Rittikrai.   

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 La scena di lotta in pianosequenza, una delle più lunghe mai realizzate senza tagli di montaggio:

 

 

 

 

Titolo originale: Tom yum goong

Regia: Prachya Pinkaew

Interpreti: Tony Jaa, Petchtai Wongkamlao, Bongkoj Khongmala, Xing Jing, Nathan Jones, Jhonny Nguyen, Lateef Crowder, Jon Foo

Distribuzione: Eagle Pictures

Durata: 108’

Origine: Thailandia, 2005

 

 

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