TORINO 31 – Karaoke girl, di Visra Vichit Vadakan (Concorso)

Karaoke girl

Visra Vichit Vadakan giovane regista tailandese, con il suo sguardo al femminile, intesse il suo cinema contaminando fiction e non fiction con l’obiettivo di realizzare un film che, affidandosi alla verità inconfutabile della cronaca documentaria si trasformi in spettacolo. Purtroppo la prova non riesce sino in fondo e così Karaoke girl assume la forma di un prodotto ibrido non particolarmente appetibile.

 

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Karaoke girlSa è giovane e vive a Bangkok, ha un lavoro in un locale di karaoke, ma il locale prevede per i suoi clienti qualcosa in più del semplice intrattenimento musicale, ha un amore precario, la sua famiglia d’origine abita nell’interno, in campagna, il suo lavoro serve anche a risanare i debiti familiari, ma nel frattempo coltiva le sue moderate ambizioni per il mondo dello spettacolo.

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Visra Vichit Vadakan giovane regista tailandese, con il suo sguardo al femminile, elemento non secondario nella costruzione del film, lavora sulla contaminazione tra fiction e non fiction con l’obiettivo di realizzare un cinema che, affidandosi alla verità inconfutabile della cronaca documentaria, possa trasformarsi in spettacolo grazie al contributo offerto dalla fiction e dalla sua messa in scena. In quest’alternanza tra racconto e registrazione del reale l’autrice cerca una verità dentro la vita della sua giovane protagonista e nello stesso tempo sperimenta un percorso narrativo alternativo che si sviluppa in una dimensione realistica a tratti molto insistita. Questa ricerca di una nuova forma dello sguardo penalizza l’unità del film. Si fatica ritrovare quell’invenzione che trasformi lo scenario quotidiano della vita di Sa dentro la metropoli, non cattura l’attenzione il realismo esibito dal sapore necessariamente documentaristico. Il film assume la forma di un prodotto ibrido non particolarmente appetibile. Il pedinamento, nel ricordo vago dell’invenzione zavattiniana, si perde e non si trasforma in piacere della narrazione e purtroppo anche l’estro narrativo difetta fermandosi alla registrazione di una pedissequa quotidianità lineare e misurata e soprattutto per lunghe parti priva di particolare originalità. Resta l’umanità di Sa, il suo dolore dopo il tradimento del suo giovane uomo, ma la sua gioventù e la sua sensibilità sapranno guidarla verso altre destinazioni. Il pregio resta quello di non avere supponenze autoriali, di riuscire a fare emergere il racconto di questo personaggio con umiltà di atteggiamento, con la necessaria sensibilità femminile che si illumina nei primi piani della protagonista. la pecca sta nel racconto che si fa blando, un po’ fine a se stesso, senza una nerbo che ne sostenga e ne giustifichi il percorso e d’altra parte la sperimentazione della contaminazione soffre degli stessi limiti restando avulsa, o comunque parzialmente a se stante rispetto all’esito complessivo. In questa doppia omissione ritroviamo il vuoto da riempire la storia, non particolarmente originale nel suo sviluppo, non può farcela da sola a  reggere il peso di questa onerosa responsabilità.

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