TORINO FILM FESTIVAL 26 – "Helen", di Christine Mollowy e Joe Lawlor (Concorso)

Helen nella sezione del concorso torinese, nasce da un progetto più ampio condotto dai due autori Christine Mollowy e Joe Lawlor. Un film condotto su un doppio binario sul quale scorre con elegante metodicità e con qualche manierismo accentuato. Un cinema che ha forti affinità visive con l’ultimo Van Sant e il cui tentativo riuscito è quello di uno scandaglio profondo della vita segreta della giovane protagonista.

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Helen è un film che nasce da un progetto più ampio della produzione – l'ossimorica Desperate Optimists – che vede coinvolte anche le comunità locali dei luoghi in cui sono stati girate le riprese del film: Birmingham, Liverpool e Newcastle.  

La scomparsa di Joy nel bosco, che vediamo per l’ultima volta nell’incipit del film, in un indovinato ed esasperante ralenti, induce la polizia a ricostruire i fatti anche attraverso l’aiuto di Helen che la impersonerà sovrapponendo il proprio disagio,di orfana, ospite in una struttura, a quella della sconosciuta Joy.

Christine Mollowy e Joe Lawlor costruiscono un cinema complesso che non può essere guardato solo, all’interno dello sviluppo della storia. L’idea è molto più ambiziosa ed è quella di raccontare il mondo giovanile e le sue difficili stratificazioni esistenziali al di fuori di qualsiasi pregiudiziale convenzionalità. Non a caso i due autori costruiscono un cinema che ha forti affinità – anche e non soltanto – visive con l’ultimo Van Sant l’autore che, forse meglio di altri, non ha solo raccontato il disagio, ma lo elevato a criterio valutativo, reificandolo in oggetto cinematografico.

All’interno di questa struttura la Mollowy e Lawlor abbandonano lentamente la storia di Joy per scivolare sempre di più in quella di Helen, l’attrice per forza. Il loro tentativo riuscito è quello di uno scandaglio profondo della vita segreta di questa introversa ragazza e della sua difficoltà anche a relazionarsi. In questo senso la sovrapposizione con Joy ne aiuta il percorso, anzi diventa la molla decisiva. Le lente zoomate sul suo mondo, uniti ai primi piani intensi conferiscono a questa doppia indagine un senso di profonda inquietudine e costituiscono il procedimento attraverso il quale questa ricerca si fa racconto cinematografico.

Il film quindi è condotto su un doppio binario sul quale scorre con elegante metodicità e con qualche manierismo accentuato (la riproposizione di brevi intermezzi che nelle intenzioni avrebbero il compito di configurare un tempo interiore, ma che appaiono a volte troppo insistiti), quello di una ricostruzione del passato di Joy e quello attuale del dramma intimo di Helen che, compiuti i diciotto anni, scoprirà le proprie origini familiari. È proprio Helen il personaggio alla disperata ricerca d’amore, il personaggio solitario e sperduto che da sola si muove nel bosco alla ricerca dell’identità perduta di Joy, ma che in fondo sembra cercare soltanto se stessa.

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