Tuttapposto, di Gianni Costantino
Un film sulla truffa, erede della commedia all’italiana , trainato soprattutto da Roberto Lipari ma incisivo anche nella caratterizzazione di ogni personaggio secondario
“È successo tutto in Sicilia…”. Potrebbero esserci i fantasmi di Ficarra&Picone in Tuttapposto. Con un tono da fiaba che invece diventa solo la maschera di una commedia sociale. Le elezioni politiche di L’ora legale, la corruzione all’università di questo secondo lungometraggio diretto da Gianni Costantino. Un film sulla truffa. Erede della commedia all’italiana e dei Vanzina. E che è vicino anche a un corto diretto dal regista, La paralisi, dove a un uomo viene chiesto di fingersi gravemente malato dalla figlia e dal marito della donna per ottenere la pensione d’invalidità.
Al centro di Tuttapposto ci sono docenti universitari la cui unica legge è quella della raccomandazione. Chi non gode di questo privilegio è costretto a pagare, a vestirsi in maniera provocante o, al contrario, in modo radicalmente sobrio per poter superare l’esame. Roberto (Roberto Lipari), il figlio del rettore (Luca Zingaretti), è uno studente scansafatiche dell’ateneo. Ha sempre ottenuto voti altissimi senza aver mai aperto un libro. Una sera, durante il concerto del suo gruppo conosce Irina (Viktoriya Pisotska), una ragazza russa che si trova in Sicilia per l’Erasmus e se ne innamora. Lei però non ha mai avuto una spinta da nessuno. Inoltre entra in contatto con altri ragazzi che non sono raccomandati da nessuno. E andando contro la sua famiglia e stanco del potere del baronato dove tutti i professori fanno di cognome o sono imparentati con la famiglia Mancuso, crea assieme agli altri una App per smartphone chiamata “Tuttapposto” che valuta l’operato dei docenti. Scoppia il finimondo. E riappare all’università anche un assenteista da due anni.
Una città immaginaria, Borbona Sicula. Un’atmosfera con reminescenze da Il Gattopardo. Soprattutto nel modo di filmare le cupole delle chiese e i dipinti. Forse ispirato agli scandali degli atenei di Palermo e Catania (ma anche altre università) Tuttapposto ha il merito di essere una commedia incisiva e graffiante. Trainata da Roberto Lipari, che dal web e la tv (una delle migliori scoperte di Colorado) approda al cinema gestendo temi e tempi da comico navigato. Con lo sguardo stralunato, finto-assente sulla realtà, quasi un incrocio ancora tra Ficarra& Picone e un Troisi degli anni Venti del 2000. Senza la contagiosa malinconia del grande regista partenopeo. Ma con un non-sense estremamente attuale. Evidente anche solo da un’espressione. Come la sua reazione quando tutti i docenti che incontra all’ateneo gli chiedono: “Come sta papà?”. Di Tuttapposto, infatti, è anche cosceneggiatore insieme al regista, Ignazio Rosato, Paolo Pintacuda e Roberto Anelli. Ma che ha anche la capacità di interagire con tutti gli altri personaggi senza fagocitarli. Anzi, dandogli lo spazio giusto per caratterizzarli. Su tutti, il proprietario del chiosco fissato con i giudizi su tripadvisor e le sue schermaglie verbali con la moglie. E Costantino, qui al secondo lungometraggio 18 anni dopo Ravanello pallido con Luciana Littizzetto, con Lipari ha un atteggiamento quasi alla Mastrocinque con Totò. Lo lascia libero, ma non deraglia mai. Forse nel finale si avverte qualche incertezza su come chiudere il film. Però Tuttapposto resta un tonico ‘viaggio in Sicilia’. Come quello di Roberto sull’autobus dopo essere stato cacciato di casa. Le luci della notte, la città. Quando la commedia esce dalla trama e interagisce con i luoghi, inventa altre, provvisorie, traiettorie.
Regia: Gianni Costantino
Interpreti: Roberto Lipari, Luca Zingaretti, Monica Guerritore, Viktoriya Pisotska, Maurizio Marchetti, Ninni Bruschetta, Paolo Sassanelli, Silvana Fallisi
Distribuzione: Medusa
Durata: 90′
Origine: Italia, 2019