Un ritratto in movimento. Omaggio a Mimmo Iodice, di Mario Martone

Presentata all’ultima edizione del Torino Film Festival e visibile su RaiPlay Sound, l’opera sul fotografo partenopeo conferma quanto sia imprescindibile Mario Martone documentarista

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Raccontare uno dei più grandi fotografi in circolazione, è certamente compito da destinare a un grande regista quale Mario Martone. Un ritratto in movimento è un documentario in cui sono protagoniste le fotografie dell’ottantanovenne Mimmo Iodice. In un momento storico in cui l’immagine costituisce lo spazio sociale dell’uomo, non possiamo permetterci che vada fuori controllo, non possiamo permettere che le immagini diventino furiose e reagiscano contro di noi. Se prima erano schermi tranquilli o scatti “misurati” che regolavano l’ordinato ciclo delle nostre vite, ora corriamo il rischio che esplodano e i loro frammenti dispersi vengano lanciati in tutte le direzioni: l’immagine oggi è soprattutto un proiettile. Con Mimmo Iodice invece quella sovranità sulle immagini non è persa, e il doc ci aiuta a recuperarla. Immagini e parole si susseguono, si danno il cambio, si sovrappongono, attraverso ricordi e testimonianze del fotografo, di colleghi, galleristi, intellettuali, studiosi di diverse generazioni che in vario modo sono entrati in contatto con il suo lavoro: da Francesco Vezzoli, a Antonio Biasiucci, dall’antropologo Mario Niola all’architetto Stefano Boeri, fino alla moglie Angela Iodice, che le è stato accanto dall’inizio della sua carriera fino ad oggi.

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Già in apertura siamo catapultati nel quartiere Sanità di Napoli, dove è nato Mimmo Iodice, dove si è formato da fotografo, proprio in quel quartiere in cui la fotografia si è potuta trasformare in arte per osmosi, lo sguardo classico seguire quello sull’antichità, mostrare il barocco dell’oscurità luminosa. Tra le rovine e il mare di cemento, le stratificazioni di culture e architetture, lo sguardo di Mimmo Iodice si fa meravigliosamente instabile, oscillante tra materialità e immaterialità, memoria e oblio, natura e civiltà. Andrea Renzi legge Carlo Levi che ha avuto pensieri memorabili sulla fotografia di Iodice, quasi immaginando nelle sue parole la fine della nostra specie in un combattimento dall’esito incerto contro una tecnologia che ci disobbedisce. Ci sarebbe una coscienza di e dentro le immagini che le predisponga a sopraffarci? Da dove arriva la loro furia? Da che affronto deriva la loro ostilità? Forse dall’iconoclastia con la quale le abbiamo maltrattate. Le Avanguardie anni ’60 e ’70, il mondo artistico di Anacapri, sono tutti passaggi imprescindibili di Mimmo Iodice, fotografo antropologo, fotografo architetto, fotografo sociale. E quel cruciale ed emblematico cambiamento della sua arte: la progressiva sparizione dell’uomo dai suoi scatti, l’evocazione dell’assenza, incredibile collezione di vuoti, sempre in perfetto equilibrio tra luce e forme. Nella scena resta il dolore, l’uomo è fuori, c’è il vuoto, probabilmente la sconfitta. E le città? Non appartengono ormai più alla quotidianità, appartengono alle immagini e noi abitiamo le immagini, le immagini ci abitano.

Non c’è più prossimità, la realtà urbana di Mimmo Iodice ci guida verso il futuro, appare in una proiezione fuori dal corpo, distaccata dalla percezione diretta, in un’immagine già elaborata che occupa un piccolo schermo digitale. Mario Martone, partendo dal titolo, rende egregiamente la potenza della fotografia di Mimmo Iodice, una sorta di action photography in cui la luce accarezza adeguatamente il modellato delle forme. Lungo e quasi impercettibile scarto di scatto che dura una vita, rivoluzionaria visione, atto di ribellione, perché ci sono talmente tante immagini che, il fatto di essere troppe, non hanno praticamente più valore.
Presentato all’ultima edizione del Torino Film Festival, Un ritratto in movimento, visibile da subito su RaiPlay Sound, arriva all’ultima immagine di Mimmo Iodice, che si fa riprendere un attimo prima di scattare sulla riva del mare, ricordando ancora quanto la sua fotografia sia stata sempre avanti, dapprima elfica, disciplina propria degli elfi, esseri immortali, e successivamente in post, diventi selfica, disciplina propria dei “selfie”, esseri mitologici non più soltanto modaioli, per metà uomini e metà artisti, senza soluzione di continuità, perseguendo quella magica ossessione michelangiolesca dell’incompiuta infinitezza.

 

Regia: Mario Martone
Interpreti: Mimmo Jodice. Angela Jodice, Antonio Biasiucci, Stefano Boeri, Marino Niola, Lia Rumma, Laura Trisorio, Lucia Trisorio, Francesco Vezzoli, Andrea Renzi
Distribuzione: RaiPlay
Durata: 52′
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
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