VENEZIA- 59 "Emtehan" (L'esame), di Nasser Refaie (Settimana della critica)

Un esame diviene la prova simbolica dell'ostilità verso la realizzazione della donna. Il film iraniano segue l'attesa delle ragazze con una leggerezza che rende ancora più evidenti la tenacia e la solidarietà di individualità deboli nel loro ruolo sociale ma forti di una determinazione basata sulla dolcezza e sulla collaborazione

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Scegliere di rappresentare un momento cruciale nella via delle giovani donne iraniane è per il regista Nasser Refaie un mezzo per indagare la realtà tutta del paese. La fragilità della condizione femminile rispecchia, infatti, la precarietà del rigido sistema politico che costringe a sofferte scelte private e morali. L'occasione dell'esame di ammissione per l'università fornisce lo spunto per illustrare un girotondo di esistenze sottoposte ad una prova simbolica dell'ostilità verso la realizzazione della donna. Solo un ristrettissimo numero di candidate, infatti, ottiene l'acceso agli studi superiori e la consapevolezza di tale severità induce nelle studentesse un forte senso di responsabilità.

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In tempo reale, il film segue l'ora e mezza di attesa delle ragazze saltando da una storia all'altra con una leggerezza ed un candore che rendono ancora più evidenti la tenacia e la solidarietà di un gruppo di individualità deboli nel loro ruolo sociale ma forti di una determinazione costruita sulla dolcezza e sulla collaborazione.


Sono storie comuni quelle che si intrecciano, eppure drammatiche nella loro semplicità, nel senso di essenziale di lotta e sopportazione che anima un clima sorprendentemente brioso e dinamico. Dietro al pesante cancello che si apre e si chiude, sigillando inizio e fine del film, vengono concentrate emotività e personalità diverse nel tentativo di livellare esperienze disparate sotto un unico metro di giudizio: un esame mastodontico e spietato come le regole di uno stato distante dalla sua unità di misura, l'essere umano.


Ma nonostante la freddezza delle istituzioni nel cortile della scuola l'umanità, fervente sotto i veli e le imposizioni, sgorga a zampilli da sottili ma profonde fessure facendo risuonare l'ottuso spazio di risate argentine e di scrosci di pianto, di chiacchiere allegre e di sussurri spauriti. Una trama di emozioni empatiche si dipana tra le studentesse ad attutire il perso dello sconforto e della violenza sempre introdotta dall'uomo.


Osservandole con pudore e comprensione  queste donne mostrano i veri termini del loro potere che non risiede nell'opposizione dura ma neanche nell'accettazione rassegnata. E' il potere della sconfitta, il potere della saldezza dei propri valori interiori che sopravvivono alla perdita riconducendo all'essenza della femminilità (come nell'ultima immagine della madre chiusa fuori dal cancello) la forza di un sentimento primordiale.

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