VENEZIA 64 – "Kantoku Banzai! – Glory to the Filmmaker!", di Takeshi Kitano (Fuori Concorso)

glory to the filmmakerA dieci anni dal Leone d’Oro per Hana-bi, Kitano sembra aver sciolto, dileguato, il suo cinema, ma forse lo ha semplicemente cristallizzato e scagliato come scheggia impazzita contro lo spettatore, contro il suo cuore e il suo sguardo ormai trafitti. Si può convivere con il peggio, per cui è possibile continuare a filmare
--------------------------------------------------------------
INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER LA SCENEGGIATURA, CORSO ONLINE DAL 28 MAGGIO

--------------------------------------------------------------
kantoku banzaiA dieci anni dal Leone d’Oro per Hana-bi, Kitano sembra aver sciolto, dileguato, il suo cinema, ma forse lo ha semplicemente cristallizzato e scagliato come scheggia impazzita contro lo spettatore, contro il suo cuore e il suo sguardo ormai trafitti. Sulle orme di Getting Any? degli esordi, ma ancora più vicino al Takeshis’ di due anni fa, presentato sempre a Venezia, per la violenza met(à) cinematografica. Ricorda sicuramente anche un certo cinema di Takashi Miike o Hitoshi Matsumoto, ma ha la tendenza al concentrico più che all’eccentrico. Assurdo, sconsiderato, comincia con una tac ad un manichino, suo alter ego, simulacro della carne e delle ossa che come il burattino pinocchio compare quando la sofferenza e le difficoltà affiorano. Megaloman sopra le righe, Kitano realizza la seconda parte (dopo Takeshis’, appunto) di una trilogia in corso sul dichiarato “suicidio artistico”. Dice di non sapere più che film fare e comincia diversi progetti senza portarli a termine. Fuori/dentro folle ma faticosamente travolgente, viaggio a volte stanco che per caso sembra voler anche trasvolare i generi. Trip e flop immaginari: sketch molteplici, pezzi di Kitano, cubismo cinematografico, in cui Ozu, Wenders, il teatro Noh, Kitano televisivo, Kitano del passato, si sovrappongono e confondono, creando frattali, figure geometriche a volte teneramente inattaccabili o mestamente reiterate. Sembra che il peggio nel cinema di Kitano sia già avvenuto, sia oggi: l’uomo e il regista sono spettri privi di ragione. Non è disperazione che si muove a forza di interrogativi, cercando di districare le immagini da invenzioni convenzionali. Kitano non pone domande, non districa niente. Accetta che il peggio, il fondo o l’apice del caos, siano già accaduti. Kitano mette a fuoco il peggio e la sua reiterazione rende però il peggio meno credibile. È questo il suo magnifico paradosso: sballottati da una sequenza all’altra, non è il cinema ad essere storicizzato, mummificato, ma siamo noi stessi a dover scoprire un nuovo mondo forse che nasce, una nuova vita forse che spinge. Si può convivere con il peggio, per cui è possibile continuare a filmare.
--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array