VENEZIA 66 – Tsukamoto, the bullet man

Sentieri selvaggi incontra alla Mostra del Cinema il cineasta giapponese, vent'anni dopo Tetsuo è nato Tetsuo The Bullet Man

 

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di Francesca Bea e Carlo Valeri

Perchè dopo vent’anni sei tornato su Tetsuo?

Dopo aver fatto Tesuo 2 un produttore di Hollywood era interessato a fare una versione americana di Tetsuo. Ero molto entusiasta dell’idea. Ho iniziato a pensare ad una storia e al modo di girare questo film. E così è nato Tetsuo The Bullet Man.
C’è una motivazione particolare che ti ha spinto a girare questo film in inglese? Una motivazione politica o forse commerciale…
La motivazione principale è che stavo facendo un film “americano” e questo per me voleva dire un pubblico molto più vasto. Ero molto attratto dall’idea di avere visibilità in tutto il mondo. Era un’ottima possibilità. Questo ovviamente voleva dire che il film doveva essere girato in inglese, perché indirizzato ad un pubblico più ampio. Ma quello che mi ha spinto a girare il terzo Tetsuo in inglese è la volontà raggiungere un maggior numero di persone.
Parlando del personaggio, per la prima volta o forse più che nei precedenti capitoli Tetsuo ha una forte motivazione. E forse per la prima volta ha anche la possibilità di scegliere…
Nei primi due film di Tetsuo, la violenza era protagonista. Tetsuo andava avanti fino alla distruzione totale del mondo. Questa volta c’è una maggiore complessità. Il protagonista usa la sua rabbia perché è assetato di vendetta. E’ spinto dal desiderio di usare la violenza per vendicarsi e allo stesso tempo vorrebbe fuggire dalla violenza. Quindi, sì c’è certamente questa idea di “scelta” che è del tutto nuova nel mondo di Tetsuo.
Perché il personaggio da te interpretato sceglie di non spingere il bottone e di diventare parte di Tetsuo?
In realtà il mio personaggio non sceglie di essere “inghiottito” da Tetsuo, è molto simile al personaggio del primo Tetsuo. Vuole distruggere se stesso e distruggere il mondo come estensione di Tetsuo. In questo film è il protagonista, Anthony, che sceglie di prendere dentro di se il mio personaggio, anziché distruggerlo. Anche Anthony ha lo stesso desiderio di distruzione che anima il mio personaggio, ma alla fine rinuncia a questo suo desiderio e ingloba il personaggio che interpreto nel suo corpo. Il mio personaggio si aspettava di venir rigettato, invece viene inglobato. E' per questo che l'ultima battuta di Tetsuo recita: “tu non sai cosa farò”. E così Anthony sceglie di salvare il mio personaggio inglobandolo.
I corpi hanno un ruolo molto importante nel tuo cinema. In questo Tetsuo si parla di corpi instabili, che cambiano, ma che sono anche corpi fragili…
Di certo ogni essere umano è assai interessato alla fisicità del suo corpo. Non parlerei di fragilità o d’instabilità… Certamente questo film parla della trasformazione dei corpi, Tetsuo ha un corpo umano che viene trasformato dalle tecnologie. La prima domanda che il film si pone è: la trasformazione è una cosa positiva? Dobbiamo seguire questa strada o dobbiamo opporci? E’ questa la domanda che faccio agli spettatori. Ma vorrei anche dire che l’idea dei corpi in trasformazione mi ha sempre affascinato in un modo molto strano. E’ anche per questo che faccio cinema.
Il terzo capitolo di Tetsuo è quasi un’aggressione. Un aggressione non solo agli occhi e alle orecchie, ma un’aggressione nell’intimo, che risulta dolorosa…
Diventare ferro vuol dire diventare un’arma. Questo significa un grande coinvolgimento, senza alcuna razionalità. Un impulso non controllabile e violento. La trasformazione del corpo è molto doloroso, ma l’aspetto psicologico è altrettanto o forse più straziante. E’ per questo che la visione risulta così dolorosa.
 
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