Consciousness thriller: ritorno su "In the Cut", di Jane Campion

La matrice non è letteraria solo perché "In the Cut" nasce dalle pagine di Susanna Moore, ma soprattutto perché Jane Campion tenta la posa in opera narrativa dell'esperienza coscienziale cercando arditamente una sorta di simbiosi filmica con la letteratura del "flusso di coscienza". Un "colpo di fulmine" sull'eros-noir più sorprendente della stagione

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Sprofonda, riemerge, galleggia, va al largo e poi approda da qualche parte, In the Cut, nel rapporto più intimo e vitale con la realtà, nella relazione più epidermica e reale con la coscienza e con i fantasmi che cova dentro di sé. È un film che si disperde lungo la traiettoria delle pulsioni, quello di Jane Campion, sul limitare del rapporto percettivo tra il soggetto e il suo mondo, proponendosi come una sorta di "consciousness thriller" arduamente soggettivo, ossessivamente femminile, intensamente simbolico – eppure libero da qualsiasi impalcatura, semmai scomposto nel suo disperdersi nei suoi circoli ideali -, firmato da una regista che del resto addensa da sempre sul corpo di donna la formulazione di una ricerca d'identità spasmodica e contrastata.

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La matrice non è letteraria solo perché In the Cut nasce dalle pagine di Susanna Moore, ma soprattutto perché Jane Campion tenta la posa in opera narrativa dell'esperienza coscienziale cercando arditamente una sorta di simbiosi filmica con la letteratura della "stream of conciousness", di cui evoca il luogo totemico (quel faro cui tende il celebre testo di Virginia Woolf, peraltro utilizzato da Frannie durante le sue lezioni) e da cui mutua quella sua formulazione sintattica radicalmente soggettiva e franta, dispersa nel flusso di mille rivoli di percezione della realtà, scomposta e ogni volta ricomposta dietro gli impulsi di un agire che si tramuta in pensiero, di un percepire che si traduce in atto, di un mondo che si sfoglia tra le mani di Frannie come un testo da leggere in bilico tra suggestioni e suggerimenti, frammenti apodittici di un vivere che è subalterno all'accadere ma non al sentire.


L'erotismo, dunque, diviene matrice di una sensualità che fa da tramite tra l'implosione di Frannie nella sua dimensione soggettiva e l'esplosione dei sensi nel rapporto con un mondo che è minaccioso perché rivela l'ombra nello sguardo. Ricercato e sensibile, questo coraggioso thriller fuori registro scolpisce il tempo interiore di New York sospendendolo tra l'ombroso presente e il (mono)cromatico passato di Frannie, in un rapporto proiettivo con una città torbida di pulsioni inconfessate, ma anche traslucida di un onirismo ubriaco delle elaborazioni percettive della protagonista. La quale, a questo punto, sembra riassumere in sé l'intero spiazzamento – coraggioso e determinato – delle tante donne messe in scena dalla Campion, tutte inscritte nel destino di identità e soggiacenza di una femminilità che trattiene il conflitto di un mondo sospeso tra sé e la forma di sé…


 

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