"Creep – Il chirurgo", di Christopher Smith

Strano caso l'esordio al lungometraggio per l'inglese Christopher Smith. Thriller-horror che vira verso l'incubo, verso la logica (eccessiva) della paura, verso un orrore del reale che richiama l'espressionismo figurativo. L'horror resta la causa e non l'effetto di qualcosa o qualcuno che è in noi per il cambiamento.

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Parafrasando Romero: "i mostri sono (per) il cambiamento…". Strano caso l'esordio al lungometraggio per l'inglese Christopher Smith, autore di corti e di tre episodi della serie drammatica di grande successo della BBC Eastenders. Sembra essere già un cult nel suo Paese, questo thriller-horror dalla coproduzione tedesca non certamente aperta negli ultimi anni alle atmosfere da incubo. Creep è un viaggio su un treno fantasma attraverso un mondo sotterraneo infernale, nonché la lotta spaventosa di una donna (la celebre attrice tedesca, Franka Potente di Blow e The Bourne Identity) per fuggire dall'orlo di quella follia. Agghiacciante discesa nel mondo sotterraneo di Londra popolato di ombre: terrore da incubo che si spinge ai limiti della cruda sopravvivenza, in un viaggio sconcertante, attraverso orrori sconosciuti in agguato nei meandri del "tube" metropolitano della città. C'è un mostro in fondo alla città che maciulla le sue vittime nel suo personale laboratorio medico, carico di ricordi e rimandi del passato mai pronunciato e soltanto suggerito. Il treno della notte, dell'ultima corsa si blocca nel tunnel e comincia quel terrore che allontana la mente da qualunque cosa sia grave e costante nelle sofferenze umane e la unisce con la causa segreta. Non c'è mai però questo indifferente distacco dalla vita, anche se l'autore vede già l'inizio e la fine, la realtà e il mistero. Girato in "widescreen" con frequente macchina da presa a mano e illuminazione ridotta, l'apparente equilibrio tra paura e horror si sgrana nelle tenebre. Se la paura è il non-detto, l'horror è il tentativo riuscito a metà di una sua normativizzazione. L'una lo sguardo, l'altro il testo. La paura è il fuoricampo, l'horror è il campo intollerabile allo sguardo. L'horror però è pensato più per perdersi che per ritrovarsi e non attiene alla possibile risposta ma, come la paura, alla domanda. L'horror sembra scompaia sommerso dalle incrostazioni di una visione parassitaria che la circonda e la rende per sempre irraggiungibile. Una coltre di nebbia tanto spessa da risultare soffocante e da inibire qualsiasi possibilità di rapporto diretto e nutritivo con Corman, Romero, Bava, Argento. Nel "tube" ci si chiude all'interno di un circuito senza sbocchi dove si può fingere ancora, a dispetto della propria molesta consapevolezza, che ci siano occhi minacciosi, drammi per cui lottare. Ciò che invece colpisce di questo strano caso cinematografico è quando l'immagine è la freccia, è l'indicazione, è il codice, nell'attimo stesso in cui sembra invece raccontare e rappresentare e illustrare e tradurre. Guardarsi dal guardare se non si è ancora pronti a sentirci chiudere gli occhi (succede alla protagonista sulla banchina in attesa del treno che la conduce ad un'altra festa mondana), a sentire quando siano già chiusi, a chiuderli per mimare il gesto di quel che ci vede. Cinema che vira verso l'incubo, verso la logica (eccessiva) della paura, verso un orrore del reale che richiama l'espressionismo figurativo. I corpi sezionati e trafitti, usati come materia del terrore, diventano veri e propri corpi serializzati, nelle dinamiche più scontate di genere. In fondo al tunnel la luce sulla banchina ritorna ma l'horror resta la causa e non l'effetto di qualcosa o qualcuno che è in noi per il cambiamento.   

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Titolo originale: Creep


Regia: Christopher Smith


Interpreti: Franka Potente, Vas Blackwood, Ken Campbell, Jeremy Sheffield, Paul Rattray, Kelly Scott, Sean Harris


Distribuzione: IIF


Durata: 85'


Origine: Inghilterra/Germania, 2005

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