Un eccentrico, un uomo che più di tutto ama le donne, un bambino ebreo a Praga durante gli anni dell’occupazione nazista, un fotografo di fama internazionale: tutto questo è Jan Saudek. Nel film Fotograf, Irena Pavlásková, regista e sceneggiatrice, insieme allo stesso Saudek, cerca di mettere insieme i pezzi del puzzle, battezzando un intervallo durante il quale nella vita di Jan succedono alcuni eventi emblematici e riepilogativi della sua intera esistenza. Il format scelto per la rappresentazione ha un taglio molto realista, soprattutto a livello di fotografia.

Che dovesse essere una donna a portarne le vicende sul grande schermo sembra uno sbocco naturale o anche una sorta di ribaltamento, in cui, da quel mondo da lui incessantemente riprodotto ed interrogato, arriva una risposta. La presenza femminile nelle sue opere è stata sempre predominante. Dal ritratto che viene fuori emerge un individuo non tanto ossessionato dall’universo femminile quanto meravigliato, che nell’assenza di freni morali, nell’assecondare le fantasie invece di reprimerle, vive la sessualità come gioioso traboccante desiderio e la perversione senza peccato. Che in quell’energia sprigionata dal gioco di amorosi sensi abbraccia e confonde il piano professionale con l’umano e rende impossibile distinguere dove finisca l’uno e cominci l’altro.

Il tentativo della regista è la cattura di quell’atmosfera creativa che mettendo in luce il talento dell’artista, con la sua esuberanza, porta in superficie i limiti dell’uomo, conseguenza dell’incapacità di costruire legami esclusivi, anche verso la famiglia. La Pavlásková privilegia il racconto della relazione di Saudek (Karel Roden) con un’assistente, un rapporto che si distende per un lustro ma resta sempre fragile. Se per l’uomo è solo un’altra di mille avventure, protratta nel tempo con un fine utilitaristico, per la donna innamorata può trasformarsi in qualcosa di logorante, può far nascere il rancore e la voglia di vendicarsi per un’aspettativa lungamente tradita.

Certo la partecipazione in fase di scrittura dello stesso Saudek, che trasforma il film in un autoritratto cinematografico, compromette lo sguardo, l’obiettività, che potrebbe, forse, anche essere non necessaria trattandosi di un film di finzione.

E presenta una ricostruzione degli eventi molto sbilanciata in suo favore, che fa sorgere il sospetto possa trattarsi di una versione di comodo. L’inconsapevole innocenza dell’artista e dei suoi sodali o gli intolleranti, insofferenti di una libertà che dovrebbe coincidere con una totale assenza di profondità sentimentale. L’effetto paradossale è quello di emettere delle condanne laddove viene osannata l’insofferenza di un qualunque collegio giudicante. Per il resto la sceneggiatura è costruita dentro uno spartito classico, con gli snodi ordinatamente distribuiti dentro l’arco narrativo anche attraverso l’uso di ellissi temporali.

Regia: Irena Pavlásková
Interpreti: Karel Roden, Marie Málková, Vilma Cibulková, Zuzana Vejvodová, Václav Neužil, Marika Procházková, Patrik Děrgel, Jitka Sedláčková, Igor Orozovič, Vanda Konečná, Jenovéfa Boková
Origine: Repubblica Ceca, 2015
Distribuzione: Newgold Film
Durata: 131’