Una conferenza stampa molto interessante quella tenuta da Stephen Frears e Ben Foster in Italia per presentare l’imminente The Program. Ovviamente stiamo parlando del film su Lance Armstrong che racconta la vita e la leggenda, la malattia e il ritorno in sella, il rapporto coi media e le bugie inquietanti, i trionfi e lo scandalo doping: insomma i dieci incredibili anni del ciclista più famoso e dello sportivo più discusso degli ultimi tempi. Frears, in realtà, spiega che prima di occuparsi del film ne sapeva ben poco di tutta questa vicenda: “giusto qualche articolo sul giornale quando scoppiò lo scandalo, ma per il resto conoscevo poco il caso. Ma poi ho letto il libro di Taylor Hamilton, le sue confessioni su Armstrong e i suoi racconti sul doping e ho trovato interessantissima questa storia di una bugia enorme che ha resistito per ben sette lunghissimi anni“. A chi gli chiede se è a conoscenza di qualsiasi reazione di Armstrong, Frears risponde ironico “ovviamente no! Non mi ha contattato e nemmeno a me è mai venuto in mente di contattarlo. Del resto è uno che dice bugie…avrebbe portato sottilmente il film dove voleva lui. Insomma non avevo proprio nessun interesse a contattarlo“.

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Ben Foster, invece, ha inutilmente tentato un contatto: “a differenza di Stephen io ci ho provato, si. Mi sembrava importante avere un suo punto di vista, in fondo dovevo interpretare lui. Ma non ha voluto lontanamente incontrarmi. Comunque: io non sapevo nemmeno andare in bicicletta prima di questo film, la mia preparazione è partita proprio dalle basi e avevo solo 6 settimane per prepararmi al meglio”. E sul doping, Foster, dice di essersi calato completamente nel personaggio: “si è vero. Ho seguito anche io un programma di assunzione di alcune sostanze, ma ci tengo a dire che erano a strettissimo controllo medico. Mi servivano per capire come si sentiva Armstrong e per abituare il mio fisico al ruolo.” A chi gli chiede le difficoltà “morali” di interpretare un personaggio così controverso, l’attore risponde “bah,

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mi hanno fatto in molti questa domanda. Ma io non credo che Lance sia una persona totalmente negativa. Ha sconfitto la malattia e ha fatto donazioni per mezzo miliardo di dollari alle associazioni per la ricerca sul cancro. Era molto più sfaccettato di quanto si possa pensare come personaggio e la mia interpretazione doveva tenerne conto.”

Frears si sofferma poi sul potere mediatico di Armstrong e sugli ultimi scandali mondiali: “proprio di recente ero a Zurigo, c’era anche Blatter lì, un altro personaggio molto abile con la comunicazione. Se pensiamo al caso Volkswagen non è poi così diverso, insomma tutti scandali che per anni sono stati possibili anche perché si sapevano ben manovrare i media. Del resto voi italiani in passato avete fatto molti film sulla corruzione, vero? Io mi ricordo Francesco Rosi, per esempio, grande regista.” Sulla sua carriera, sempre più varia negli approcci e nelle storie raccontate, Frears è molto chiaro: “Io non mi sono mai considerato un autore. Per questo la libertà di esprimermi con storie molto diverse è stata la costante della mia carriera“.

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