#RomaFF10 – “Il piccolo principe tra Miyazaki e Tati”, incontro con Mark Osborne

E’ arrivato il giorno de Il piccolo principe. Apprezzatissimo anche qui a Roma (dopo il passaggio a Cannes), il film di Mark Osborne ha calamitato l’attenzione nell’ultimo giorno di Festa del Cinema

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E’ arrivato il giorno de Il piccolo principe. Apprezzatissimo anche qui a Roma (dopo il passaggio a Cannes di maggio scorso), il film di Mark Osborne ha calamitato l’attenzione dei giornalisti in questo ultimo giorno Festa del Cinema all’Auditorium. E nell’incontro con il regista ci si sofferma innanzitutto sul curioso passaggio da un film così intriso di umori contemporanei come Kung Fu Panda a una storia così classica e tratta da uno dei capisaldi della narrativa per ragazzi, “diciamo che io affronto ogni progetto come un’occasione per fare cose nuove e conoscere nuove culture. Ho avuto l’onore di occuparmi di arti marziali cinesi in Kung Fu Panda e sono stato contentissimo che il film lì in Cina sia stato accolto benissimo. E ora questa nuova sfida di adattare il romanzo di Antoine de Saint-Exupéry. Ho rispettato tantissimo questa storia, ne volevo catturare l’emozione. Ecco, più che fare una grossa celebrazione di un classico, mi interessava capire come vive ancora un classico, come produce ancora emozioni. Cerco sempre un approccio mio personale nelle cose che filmo, ma ho anche dei Maestri di riferimento come Miyazaki. Il mio amico Totoro è stata una fonte di ispirazione grandissima”. Ovvia la domanda sulla fruizione del film, se più tarato sui bambini o allargato a una fruizione adulta, “io faccio film per esseri umani, di qualsiasi età. Mi piace pensare che questo film possa toccare tutti, che tutti possano trovarci motivi per emozionarsi. Sento dire che i nonni portano i nipoti al cinema, ecco, spero che provino sensazioni diverse e molto forti entrambi”.

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Strano periodo questo per i film d’animazione. L’infanzia è una fase della vita forse troppo compressa oggi, “è vero, ma io credo che i bambini in ogni epoca abbiamo sempre sentito questa spinta a crescere che il mondo gli imponeva. Quasi una fretta. Nella nostra epoca tutto questo è accentuato, sicuramente, ma proprio per questo ho cercato di fare un film senza tempo. Fuori dal tempo. Quando mi chiedono perché ho attualizzato la storia, faccio notare che nel film non troverete Pc o cellulari, volevo creare un’atmosfera vicina a noi ma senza connotazioni temporali. E questo perché volevo conservare l’anima del libro il più fedelmente possibile.”

2Grande curiosità per la doppia tecnica utilizzata, stop motion e animazione, “e questa è una delle primissime idee che mi son venute quando ho pensato al film. E ho trovato varie persone che mi sconsigliavano, altre che erano molto dubbiose sulla riuscita di quest’accostamento, ma io sapevo che dovevo raccontare questa storia in questo modo. Perché volevo avvicinarmi alla classicità delle illustrazioni del libro e nel contempo ai nostri ricordi di infanzia così materici”. Ci sono anche molti doppiatori famosi in questo Piccolo Principe e Osborne è partito da Jeff Bridges perché “sapevo che il vecchio aviatore nella versione inglese poteva solo essere lui. L’ho chiamato, lui era molto affascinato, e gli ho chiesto di aiutarmi a costruire il personaggio. In ogni doppiatore ho cercato questa magia, ossia che fossero prima di tutto innamorati del libro e della sua atmosfera.”

Si finisce sui riferimenti cinematografici, sull’ombra della Storia del Cinema così presente in questo film, “certo, ogni regista d’animazione è un gran cinefilo. Voi avete visto immagini che vi hanno ricordato Welles o Lang, io vi aggiungo un altro nome, Jacques Tati, che ha molto influenzato il mio lavoro”.

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