"Simon Konianski", di Micha Wald

simon konianski di micha wald
C’è tanto cinema indipendente americano nel secondo lungometraggio del belga Micha Wald: personaggi strampalati e bizzarri alla Wes Anderson che si muovono all’interno di situazioni tipicamente coeniane. Il tutto in un on the road che è anche raffigurazione di tre differenti generazioni e del loro modo di porsi nei confronti della tradizione ebraica. Con una vena politicamente scorretta. Presentato nella sezione “L’altro cinema – Extra” del Festival Internazionale del Film di Roma, edizione 2009.

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simon konianski di micha waldDistribuito in Italia da Fandango, sempre pronta a scommettere su film coraggiosi e politicamente scorretti, Simon Konianski rappresenta l’evoluzione naturale del cortometraggio d’esordio Alice et Moi (2004), premiato con numerosi riconoscimenti in diversi festival internazionali. Muovendo da vicende fortemente autobiografiche, il giovane regista Micha Wald propone un on the road spassoso e irriverente che si rifà a molto cinema americano indipendente, sia per le situazioni narrate che per la delineazione dei personaggi. Se molti hanno visto comunanze tra questo film e i vari Little Miss Sunshine, Ogni cosa è illuminata e via dicendo, due appaiono i modelli di riferimento indiscutibili: Wes Anderson per i protagonisti strampalati e bizzarri e per l’attenzione maniacale per gli oggetti, e i fratelli Coen per una certa sfacciataggine di fondo e per la matrice yiddish della vicenda. Simon Konianski mette infatti a confronto, un po’ come A Serious Man, tre differenti generazioni di ebrei. Da un lato abbiamo Ernest, ex deportato e convinto sostenitore della tradizione. Simon è invece il “ribelle” di turno, stanco delle continue storie sulla guerra del padre e a favore dei palestinesi nel conflitto israeliano. Hadrien infine rappresenta il nuovo che avanza, affascinato dai racconti del nonno e figlio di una danzatrice goy (non ebrea). Il viaggio, che come sempre negli on the road è spirituale oltre che fisico, prende avvio proprio dalla morte del vecchio Ernest e dalla sua ultima volontà di farsi seppellire in Ucraina a fianco del suo primo amore. Naturalmente il percorso sarà colmo di momenti rocamboleschi e spassosi, con tanto di fantasma del padre che compare ripetutamente a Simon, alternati però a un vero e proprio tragitto nella e della memoria, che giunge al culmine nella sequenza ambientata nel campo di concentramento e in quella della sepoltura finale. E alla presa di coscienza si abbinerà il processo di maturazione (non completa) del protagonista, che durante il viaggio si avvicinerà al figlio e arriverà a conoscere meglio sia il padre che i due strampalati zii Maurice e Mala (forse i più sgangherati della famiglia). Non male per un regista ai suoi primi passi che, sebbene non riesca evidentemente a raggiungere la grandezza dei modelli a cui si ispira, propone un concentrato di autoironia e freschezza non comune. Aspetto che rimanda a un altro grande autore di matrice ebraica, Woody Allen, con persino una citazione quasi esplicita del suo episodio di New York Stories “Edipo relitto”. Con Simon Konianski insomma si ride di gusto (anche se non tutte le trovate sono divertenti) e lo si fa all’insegna del politicamente scorretto. Che cosa chiedere di più a un road movie irriverente?

Titolo originale: Id.
Regia: Micha Wald
Interpreti: Jonathan Zaccaï, Popeck, Abraham Leber, Irène Herz, Nassim Ben Abdelmoumen, Marta Domingo, Ivan Fox
Distribuzione: Fandango

Durata: 100’

Origine: Belgio, Francia, Canada, 2009

 

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