"Superman Returns", di Bryan Singer
Nelle mani di Bryan Singer Superman diventa l'eroe messianico di un mondo dove la fantasia è l'unica arma contro il Male: il risultato è magniloquente e tecnicamente innovativo, ma manca il cuore. Superman Returns stordisce gli occhi, ma non riesce mai a sfiorare l'anima.
In America e nel mondo c'è ancora bisogno di supereroi. In una delle sequenze più belle di Spider Man 2 Sam Raimi mostra i passeggeri di un treno che, messi di fronte alla minaccia del Dottor Octopus, prendono coscienza dello statuto del loro eroe e si schierano a scudo umano per difenderlo. C'è quindi un sentimento diffuso, oggi, che sta dietro la vasta produzione di film tratti da fumetti: sotto questo aspetto Bryan Singer si dimostra un regista sensibile e non manca di inserire nel suo film riferimenti indiretti ma precisi; non solo la solitudine dell'eroe (come da prassi), ma soprattutto il disagio e la vulnerabilità post – 11 Settembre. Non è un caso infatti che Superman manchi dal pianeta Terra esattamente da cinque anni (dal 2001, infatti), e che le domande principali a lui rivolte siano "Dove sei stato?" e "Perché non c'eri?". Metropolis diventa così il luogo dell'immaginario dove riporre la sfiducia nelle capacità terrene dell'uomo, la valvola di sfogo che permette alla fantasia di affidarsi unicamente ai superpoteri e ai "superuomini", sola arma contro tutto quello che è diventato il mondo di oggi. Mettendo però da parte queste riflessioni, che comunque sono pertinenti sino a un certo punto, è bene arrivare al nodo focale, e cioè: il nuovo Superman è parzialmente deludente. L'operazione filologica messa in pratica da Singer si pone con rispetto e riverenza nei confronti tanto del fumetto quanto del film di Richard Donner: dalla resa cromatica di Metropolis alla comparizione di Marlon Brando, il lavoro svolto sull'immaginario ipertestuale è notevole; in più, Kevin Spacey è un ottimo villain, la resa spettacolare delle riprese effettuate in 65mm è indiscussa, il ritmo è sostenuto. Eppure… Eppure manca l'anima. Superman Returns non annoia e non infastidisce, ma neanche emoziona. In due ore e trentacinque minuti di durata si assiste esattamente a ciò che ci si aspettava di vedere, e null'altro. Forse avremmo preferito delle imperfezioni, delle sbavature qua e là, comunque segnali forti di una presa di posizione nei confronti della materia trattata, e invece niente. E' tutto così "perfetto" che sembra un mondo a parte, al quale si partecipa con gli occhi ma che rimane inaccessibile al cuore; un cinema seduto e inciso sulla pietra, un cinema che guarda al futuro dell'immagine e della tecnica ma che rimane invece ancorato a ciò che è già stato. Se ne sentiva il bisogno? Titolo Originale: id. Regia: Bryan Singer Interpreti: Brandon Routh, Kevin Spacey, Kate Bosworth, James Marsden, Frank Langella, Eva Marie Saint Distribuzione: Warner Bros. Italia Durata: Origine: Usa, 2006