Volevo essere Imbriani, di Umberto Rinaldi

Il docufilm sulla faccia pulita del calcio, sarà presentato in alcune sale campane dal 15 febbraio, per poi sperare in una più ampia e capillare distribuzione

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Una storia di calcio vero, di valori e di vita, che dai campetti di provincia arriva fino alla serie A e continua ancora oggi alimentando sogni e sentimenti positivi nelle giovani generazioni. Il ricordo del giocatore e dell’allenatore si interseca con la storia di un bimbo che voleva giocare a calcio e che imparerà, grazie ad un curioso personaggio, i valori dello sport. Carmelo Imbriani, morto nel 2013 per la malattia di Hodgkin, rappresenta soprattutto per la gente sannita un punto di riferimento imprescindibile, un modello di vita nel mondo del calcio e dello sport. Il docufilm, che sarà presentato in alcune sale campane dal 15 febbraio, per poi sperare in una più ampia e capillare distribuzione, non vuole essere soltanto, come sostiene il regista Umberto Rinaldi, un omaggio alla memoria per rendere più vivo il ricordo, ma anche incentivare e promuovere le tematiche benefiche legate alla figura del calciatore di origini sannite. Autore di cortometraggi e instant movie, il regista sannita ha trovato la chiave giusta per entrare nell’immaginario collettivo.

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182448096-2c3c8fb7-7403-4cce-89f4-b77a30774cfeTra l’altro l’opera ha anche uno scopo benefico, infatti il ricavato sarà completamente devoluto in beneficenza, una parte andrà all’iniziativa “Un campo per Carmelo” per la realizzazione di un campo da calcio in Africa e l’altra parte al Comitato per la vita ‘Daniele Chianelli’ di Perugia, nella cui struttura Carmelo Imbriani ha trascorso gli ultimi mesi di vita. Progetto coadiuvato dal fratello di Carmelo, Gianpaolo, giramondo che con la sua bici sta diffondendo questa storia senza sosta, attraversando tutti i Paesi da Nord a Sud, da Est ad Ovest. Alle interviste ad alcuni compagni, allenatori e amici, tra i quali Marcello Lippi (che fece esordire il diciottenne Imbriani nel 1994 con il Napoli) e Fabio Pecchia (con il quale ha giocato, sempre nel Napoli), il regista combina una fiction “sovraesposta”, dalla luce praticamente abbagliante, per regalare una vera e propria sospensione creativa. hqdefaultProprio una meravigliosa coincidenza, con l’uscita in sala, a distanza di poche settimane, di Essere Gigione e Volevo essere Imbriani, entrambe opere sannite, opere di due registi sanniti, entrambe a raccontare in qualche modo cosa potevamo diventare, scoprendo stranamente  uno strano incrocio letterario, “Vite vere – compresa la mia” di Beppe Viola: “Quando vengono al mondo i bambini ricchi parlano già quattro lingue, sono abbronzati e hanno le mèches. I bambini poveri fanno una fatica mai vista a farsi capire almeno fino all’età di sei anni quando incontrano una maestra appena arrivata da Benevento che insegna loro l’amore per il prossimo… all’età di sei anni ho incrociato anch’io una maestra proveniente da Avellino… quando mia madre chiese spiegazioni sul fatto che io non sapessi contare fino a venti dopo due anni di scuola, la maestra rispose che ero proprio un bel bambino e che lei mi teneva dentro il cuore…”.

 

edVolevo essere Imbriani è un emozionante inno nel regno della lealtà umana all’aria aperta. Parafrasando Eric Cantona, il goal più bello è stato un passaggio, il passaggio di Imbriani verso la drammaturgia dell’incontro, l’ultimissima ragione che rimane ai mendicanti di buon calcio. Nel calcio professionistico, come in tutto il resto, non importa il reato, se l’alibi è buono. Cultura significa coltivare, ed è ciò che questa piccola opera tende a concretizzare. “Tutto quel che so in fatto di morale lo devo al calcio”, disse Albert Camus, ed è evidente che si riferisse a Carmelo Imbriani.

 

Regia: Umberto Rinaldi
Interpreti: Nello Mascia, Peppe Barile, Luca Mercorella, Marcello Lippi, Ivan Zazzaroni, Alfonso Di Nicola, Fabio Pecchia, Giovanni Parente, Ennio Calabrese
Distribuzione: Hitch2
Durata: 45’
Origine: Italia 2017

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