15/5/2008 – Film USA in Italia: successo, stanchezza o disaffezione?

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“In questo primo squarcio dell’anno sono mancati i grandi film evento Usa, ma la situazione è ripianata dal buon andamento di una serie di film “normali”. Così, in Italia, il cinema americano ha mantenuto nel complesso inalterato il numero dei propri spettatori”. A dirlo al Giornale dello Spettacolo è Andrea Stratta, direttore del circuito cinematografico Uci, secondo il quale, malgrado in Italia diversi film Usa abbiano ottenuto risultati poco soddisfacenti rispetto al successo registrato in casa, ritiene che da parte del pubblico non ci sia una disaffezione nei confronti dei film a stelle e strisce. “In Italia, come del resto negli altri paesi europei – continua Stratta – la quota di mercato dei film Usa è praticamente costante; crescite e idimensionamenti dei mercati nazionali dipendono dalle alterne fortune della produzione locale”. Più critico Fabrizio Iezzi, responsabile di una quarantina di schermi sparsi nel territorio abruzzese, per il quale “il cinema Usa sta scontando una certa stanchezza nella creatività con un’insolita mancanza di idee originali, come dimostra la proliferazione dei sequel. E temo che le conseguenze negative dello sciopero degli sceneggiatori, che hanno bloccato la produzione per sei mesi, debbano ancora riflettersi sul nostro mercato”.

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Sullo scarso interesse del pubblico italiano nei confronti del cinema degli effetti speciali, Laura Fumagalli dell’Arcadia di Melzo ha una sua idea. “Per conquistare il pubblico – afferma – questo genere di film ha bisogno di immagini sempre più spettacolari e strabilianti. In questo settore la risorsa in grado di risvegliare attenzioni e interessi credo possa essere il cinema in 3D. Lo abbiamo potuto constatare dalle reazioni degli spettatori che frequentano la nostra sala attrezzata per questo tipo di film, regolarmente entusiasti per quanto ha visto. Sono convinta che questo sia il futuro del cinema in sala”.

Secondo Nicola Grispello, responsabile della programmazione del circuito Warner Village, l’industria di Hollywood sta lavorando sempre più per realizzare film che funzionino anche fuori dai confini Usa. “Le major americane – afferma – stanno realizzando film con cast che includono sempre più spesso attori europei, orientali e sudamericani, e regie affidate ad autori degli altri continenti, con lo scopo di realizzare film più internazionali. D’altro lato, consapevoli che certi film sono difficilmente esportabili, si stanno impegnando direttamente anche nella produzione di prodotti per i vari mercati nazionali”.

Il problema della disaffezione, secondo Lorenzo Ventavoli, storico esercente torinese, non riguarda solo il cinema americano, ma il cinema in generale: “la contrazione del mercato, che si sta rimangiando per intero la crescita del 2007, non dipende dall’offerta e neppure esclusivamente dalla crisi economica che attraversa il Paese, ma è sintomo di una malattia più grave e diffusa, al momento ancora ignota, che va individuata e combattuta il più rapidamente possibile per evitare che degeneri definitivamente”. 

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