Qualcosa di meraviglioso, di Pierre-François Martin-Laval

Ispirato alla storia vera del campione di scacchi Fahim Mohammad, giovanissimo campione scappato dal Bangladesh che diventerà campione nazionale di Francia, un ottimo esempio di fiaba sociale

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Qualcosa di meraviglioso di Pierre-François Martin-Laval compie un’operazione mirabile riuscendo ad unire le inevitabili necessità narrative/finzionali del cinema alle dinamiche sociali di una storia vera che correva il doppio rischio di essere banalizzata o gonfiata. Pericolo che aumentava esponenzialmente se si considera che il film è l’adattamento del libro autobiografico scritto a sei da mani da Fahim Mohammad, il protagonista della vicenda, Sophie Le Callennes, l’antropologa e scrittrice che insegnò il francese al padre del ragazzo e Xavier Parmentier, l’allenatore di scacchi, pubblicato nel 2014. Pierre-François Martin-Laval, anche co-autore della sceneggiatura, punta da subito su una decisa caratterizzazione ambientale. La prima parte del film è infatti girata in Bangladesh e attraverso poche ma ritmate sequenze presenta la difficile situazione in cui il piccolo Fahim Mohammad, interpretato dall’esordiente Assad Ahmed, è costretto a vivere il suo enorme talento per gli scacchi. Giocando sapientemente sulle inferenze dello spettatore per il quale non è difficile riempire con le sue conoscenze (si pensi all’attuale guerriglia di Hong Kong: tutti i regimi difettano di fantasia nell’approntare soluzioni) le accennate sequenze di disordini, repressi con la violenza militare, e la corruzione delle stesse guardie, mostrata in un’unica veloce scena che non ha bisogno delle ridondanze hollywoodiane, Qualcosa di meraviglioso ha il merito di non indugiare mai sul dramma della fuga di Nura e di suo figlio. Ci sono naturalmente le scene dolorose degli addii e i sogni ricorrenti del piccolo rivolti alla madre costretta a non poter migrare ma esse non assumono mai la cifra emozionalmente ricattatoria in cui il genere spesso si smarrisce. Anche nella parte ambientata in Francia il film riesce a mostrare l’assurdità oseremmo dire perfino esistenziale dei sans papiers, di chi cioè si trova a dover sopravvivere in uno Stato che gli nega i più basilari diritti umani mentre lo imbottiglia in una lunghissima (e spesso non priva di crepe, si veda la bella sequenza del traduttore imbroglione che penalizza i due bangladesi per favorire i suoi connazionali indiani) trafila burocratica per ottenere il permesso di soggiorno. Contrapposta alla rigidezza istituzionale c’è però poi la realtà della banlieue di Créteil e del relativo club di scacchi dove il multiculturalismo non è qualcosa da normare ma un’esperienza con cui fare i conti tutti i giorni.

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Forse è vero, qui il film si lascia prendere da un ottimismo fiabesco leggermente zuccheroso (sì, c’è anche la scena della madre francese che si redime dall’iniziale rifiuto del compagno straniero di suo figlio!) ma tutto è tenuto insieme mirabilmente dalla composita sceneggiatura. Che non ha paura di aprire senza chiudere alcune delle sue numerose sottotrame, come ad esempio il goffo corteggiamento di Sylvain verso Mathilde, a dimostrazione della generosità con cui si voleva raccontare una bella storia di riscatto ancora possibile nonostante la recrudescenza delle politiche dei muri e dei confini. Qualcosa di meraviglioso è però anche ibridato dagli stilemi del film sportivo ed in questo un contributo fondamentale viene dagli attori coinvolti. Innanzitutto il giovane Assad Ahmed che muove gli scacchi sulla scacchiera con l’irruenza del genio più pratico che teorico. Ma soprattutto il sornione Gérard Depardieu che non scade mai nei vezzi attoriali che ci si poteva aspettare dalla crudezza del suo personaggio fornendogli insospettabili sfumature di sensibilità. Se si capisce veramente poco delle tattiche scacchistiche d’attacco e difesa che i “contendenti”, per usare il linguaggio guerresco propugnato da Sylvain, adottano nei frequenti scontri in cui è articolato il campionato è perché in fondo Qualcosa di meraviglioso vuole essere ricordato dal pubblico con l’incoercibile retorica del quesito rivolto da Mathilde in diretta radiofonica al premier François Fillon: “Non pensa che lo Stato dovrebbe regolarizzare un ragazzino perfettamente integrato come Fahim Mohammad? È campione di Francia ma non può partecipare agli europei perché è ancora sans papiers“. Davvero la politica ha bisogno di deresponsabilizzarsi in questo modo delegando allo sport un’inclusione che appare davvero sempre più ineluttabile?

Titolo originale: Fahim
Regia: Pierre-François Martin-Laval
Interpreti: Gérard Depardieu, Ahmed Assad, Isabelle Nanty, Pierre-François Martin-Laval, Pierre Gommé, Didier Flamand
Distribuzione: BIM
Durata: 107′
Origine: Francia, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.29 (7 voti)

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