Dirty Dancing – Balli proibiti, di Emile Ardolino

Film di culto che ha segnato un’epoca e che ha consacrato Patrick Swayze, simbolo di una generazione intera con le sue ferite e il suo desiderio di rivincita. Stasera, ore 21:15, Italia 1

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“Per me il futuro è stasera!”
John Travolta – La febbre del sabato sera

Ci sono film che segnano definitivamente un’epoca, che affiancano al loro successo commerciale un valore più profondo e nascosto. Che puntualmente vengono riproposti e, come un appuntamento fisso non concordato, ci aspettano; non importa se questa volta li guarderemo distrattamente: quelle immagini ci appartengono già e il modo in cui ne fruiamo non intacca ciò che rappresentano. Perché fuggono dallo scorrere del tempo e si acquattano silenziose in un angolo della nostra coscienza, pronte a zompar fuori quando vengono richiamate nel quotidiano. Di Dirty Dancing ci bastano una battuta, uno sguardo complice, due corpi che si uniscono al ritmo travolgente di due voci che cantano la lontananza e insieme la vicinanza (I’ve had the time of my life… and I owe it all to you).

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Nel racconto piuttosto semplice di un amore nato per caso, che attraverso la danza esplode e viene celebrato, c’è in filigrana l’istantanea di un paese, di un preciso momento storico di rottura in cui la campana familiare, simbolo di armonia e protezione, mostra le prime avvisaglie di cedimento. “Era prima che uccidessero Kennedy, quando ancora credevo nell’impegno politico e soprattutto quando mai avrei pensato che al mondo potesse esistere un altro uomo come mio padre”, dice la voice over della protagonista (Jennifer Grey). Baby, così del resto la chiamano tutti, vive l’età dell’innocenza, dell’illusione; affronta le situazioni con il coraggio e l’incoscienza propri di chi non ha mai incontrato limiti e barriere. Ciò a cui assisteremo sarà dunque l’ingresso in un mondo nuovo, dei balli proibiti appunto – anticipato dai titoli di testa in bianco nero dove varie coppie si muovono sinuose sulle note di Be My Baby. Nonostante la narrazione segua il punto di vista femminile – inserendosi nel classico racconto di formazione – è innegabile che sia Patrick Swayze, il maestro di ballo Johnny Castle, a condurre le danze.

I due avevano lavorato insieme nel cupo e apocalittico Alba rossa, storia di un gruppo di ragazzi che tenta di sopravvivere alla Terza guerra mondiale. Qui il Vietnam, e le sue conseguenze, aleggiano giusto in qualche chiacchiera da tè e pasticcini; permane però il residuo di una gioventù incerta, che aspira a un futuro migliore di quello che la vita le prospetta (fare l’imbianchino o il manovale). Una riflessione comune a molti film di quel periodo, centrale ad esempio ne La febbre del sabato sera che consacrerà un altro personaggio e attore, Tony Manero – John Travolta. E il riferimento diretto, per entrambi, non può non andare un po’ più indietro al Ribelle per antonomasia, allo spirito libero con cui almeno Swayze condivide lo stesso destino: quello di essere diventato, involontariamente, il segno figurativo tanto di un’epoca cinematografica quanto di una generazione intera con le sue ferite e il suo desiderio di rivincita.

Dirty Dancing è questo: Swayze in pantaloni e camicia nera, dannatamente sensuale perché in lui c’è la consapevolezza di non essere abbastanza; la paura di finire come uno dei tanti che non ce l’ha fatta e di restare agli occhi della maggior parte delle persone un semplice passatempo estivo o qualcuno da rimpiazzare non appena si avanzi un’idea innovativa all’interno di un sistema che inizia a scricchiolare (“Non sono i cambiamenti Tito, è che tutto sembra stia per finire”, dirà il manager del villaggio). Così l’esibizione finale, che tutti almeno una volta nella vita abbiamo sognato di fare con tanto di presa a volo d’angelo (le coreografie sono di Kenny Ortega), sancirà oltre al coronamento della storia d’amore il giusto riscatto per il protagonista e la vittoria sulle convenzioni.

Emile Ardolino (va anche menzionata la sceneggiatrice Eleanor Bergstein), che dirigerà un’altra commedia di enorme successo (Sister Act con la strepitosa Whoopi Goldberg) ha dimostrato a dispetto della critica non sempre benevola come la popolarità di un film (campione di incassi nel 1987 e premiato, tra gli altri, con l’Oscar per la canzone Time of My Life) si misuri dalle risposte del pubblico e in quello che dopo più di trent’anni è diventato. Perché nessuno può mettere Dirty Dancing in un angolo.

Titolo originale: id.
Regia: Emile Ardolino
Interpreti: Patrick Swayze, Jennifer Grey, Cynthia Rhodes, Jerry Orbach, Jack Weston, Jane Brucker
Durata: 105’
Origine: USA, 1987
Genere: musicale, commedia, sentimentale

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.7

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.75 (12 voti)

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