Allons Enfants, di Giovanni Aloi

Il film di Giovanni Aloi, presentato a Orizzonti nel 2020, arriva ora in sala. Il racconto della quotidianità straniante di soldati specializzati nella prevenzione degli attacchi terroristici

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Giovanni Aloi, dopo il primo lungometraggio Tensione superficiale, prova a fare il salto internazionale, con una specie di war movie impossibile, bloccato in una bolla, una sospensione forzata. La quotidianità spaesata di alcuni soldati del reparto speciale dell’esercito francese per la prevenzione degli attacchi terroristici. La vita militare, con le sue gerarchie e i piccoli, insulsi soprusi del cameratismo, la retorica patriottica e guerrafondaia, il pattugliamento delle strade. E, su tutto, l’attesa ansiosa e frustrante di un evento indefinito, di qualcosa che non arriva, l’attacco temuto, ma al tempo stesso desiderato, come l’unica cosa che possa giustificare l’esistenza.

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Nel costante rinvio dell’azione, Aloi si concentra giustamente sulla situazione psicologica dei suoi personaggi, a cominciare dal giovane Léo (Anthony Bajon, già protagonista de La Prière di Cédric Kahn), che si è arruolato per trovare una valvola di sfogo e irreggimentare la sua rabbia. Viene dalla provincia, da una famiglia di alcolisti, di cui sembra aver ereditato la “tara” genetica. E si muove, apparentemente, senza obiettivi né passioni, quasi svuotato: l’unica speranza è la fede miope nell’ordine, nella parola d’ordine che restituisca un senso, ma che a conti fatti si riduce a una pura formula. La sicurezza della nazione, il patriottismo, il sangue impuro dei nemici versato per le strade, come cantano i versi della Marsigliese. Ma la verità è che non succede nulla e tutti sembrano far finta. Léo racconta alla madre di scenari di guerra, cerca di convincere sé stesso e gli altri della necessità del proprio lavoro per la sicurezza della Francia. E così, i suoi compagni, Hicham che favoleggia di una missione in Mali, il sergente Coline, l’unica donna in un reparto di soli uomini, che nasconde la sua gravidanza e il suo disagio verso il maschilismo trionfante. E così si millantano conquiste femminili, forze sovrumane, si blatera di terroristi dopati come fossero nuovi assassini ismailiti, di pericoli a ogni angolo di strada.

In tutto il film avverti la presenza di segni da war movie, così come l’eco di quella tensione sociale esplosiva che attraversa il cinema metropolitano francese. Ma ogni cosa rimane in potenza, come se la realtà fosse ovattata o ci muovessimo sott’acqua. Ciò che riesce bene ad Aloi è restituire una sensazione di paranoia strisciante, opprimente, riflessa nel cupo grigiore delle immagini. Da parte dei protagonisti, ovviamente, alla ricerca ossessiva di qualcosa di “losco”, una macchina parcheggiata fuori posto, un rumore improvviso, una luce a intermittenza di natura ignota. Ma anche da parte della gente, che guarda con sospetto e timore questi alieni che si aggirano per la città, con l’assetto da guerra e l’aria torva. Alieni di cui non si capisce bene il significato, vista la loro indifferenza alle normali questioni di sicurezza, furti, spaccio, violenza quotidiana. “Noi non siamo la polizia”. L’unico a non volerlo capire è Léo, che cerca una scintilla, una fibrillazione estrema che lo tenga in vita. E in questo modo, quasi senza rendersene conto, prova a reagire a quella piatta uniformità che è l’altra questione del film di Aloi: la riduzione ai ranghi della differenza, l’annichilimento del sentimento e del pensiero, l’anonimato invisibile (chi è davvero quella ragazza che telefona a Léo? Esiste sul serio?). Ma non c’è da preoccuparsi. Tanto prima o poi la rabbia esploderà e la città sarà in fiamme.

 

Titolo originale: La troisiéme guerre
Regia: Giovanni Aloi§Interpreti: Anthony Bajon, Karim Leklou, Leïla Bekhti, Arthur Verret, Manon Bresch
Distribuzione: I Wonder Pictures
Durata: 92’
Origine: Francia, 2020

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.3

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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