La legge di Lidia Poët, di Matteo Rovere e Letizia Lamartire

La serie Netflix ambientata a Torino su una donna diventata un’icona, rappresentata con modi e tempi adatti a raggiungere una platea trasversale ed un occhio al mercato internazionale.

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La legge di Lidia Poët ha diviso critica e pubblico. Da una parte ci sono i numeri, che posizionano la serie in terza posizione come visioni a livello globale di quelle non in lingua inglese. Un successo dunque. Dall’altra le polemiche legate all’adattamento di onesto entertainment, orientato a trascurare alcuni aspetti della sua vita, in primis l’appartenenza alla comunità valdese completamente ignorata. Lidia Poët era una persona combattiva, fra le prime donna a conseguire una laurea in Giurisprudenza nel 1881 con una tesi sul diritto di voto alle donne, e per interpretarla è stata scelta una delle attrici più lanciate sulla scena, Matilde de Angelis, figura spendibile nel palcoscenico internazionale grazie anche alla partecipazione a The Undoing insieme a star come Nicole Kidman e Hugh Grant. La struttura è il tentativo di bilanciare la trama verticale episodica, che la trasforma in una detective impegnata a risolvere dei casi isolati, e quella orizzontale dilatata sulle turbolenze della sua vita sentimentale, divisa tra Jacopo Barberis (Eduardo Scarpetta) e Dario Aita (Andrea Caracciolo), ed il riconoscimento professionale.

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Spostando l’attenzione (qualcuno mormora a beneficio delle esigenze dell’algoritmo) sui caratteri di emancipazione femminile declinati al contemporaneo, la storia si concede la licenza artistica di glissare in parte sulla verosimiglianza a livello biografico. Però non rinuncia ad un’eccellente riproduzione dei costumi d’epoca della protagonista, con cappellini, corsetti ed accessori riprodotti per mano di Stefano Ciammitti, allievo di Pietro Tosi, ed esposti in questi giorni al Museo Nazionale del Cinema di Torino. Estromessa dall’avvocatura con una sentenza della Corte d’appello, dato fedele al reale, il suo ruolo nella fiction diventa quello di affiancare il fratello a districare delitti sulle orme e le atmosfere di un altro recente prodotto Netflix, Enola Holmes.

Resteranno deluse le aspettative di chi, da amante del giallo, cerca complicati enigmi o rompicapo. Gli omicidi sono degli agganci all’esplosione di una Girl Power in salsa millenial, indipendente e determinata a scardinare il pregiudizio e la discriminazione con piccoli gesti rivoluzionari come andare in bicicletta, fumare o consumare droga, avere una disinibita attività sessuale, cose allora riservate agli uomini; i toni di conseguenza non sono mai troppo drammatici e possono anzi definirsi pop.

Dopo le sei puntate che compongono la prima stagione, la conclusione in cliffhanger non lascia spazio a dubbi invece, la serie avrà un seguito. Dovrà rispondere alle accuse di superficialità o finanche di un ricorso ad un linguaggio volgare, potrà rivendicare di aver affrontato con un prodotto di evasione tematiche importanti: ingiustizia sociale, anarchia, femminismo, parità di genere, che grazie alla leggerezza del formato raggiungeranno il grande pubblico.

 

Ideata da: Guido Iuculano, Davide Orsini
Regia: Matteo Rovere, Letizia Lamartire
Interpreti: Matilda De Angelis, Eduardo Scarpetta, Pier Luigi Pasino, Sinéad Thornhill, Sara Lazzaro, Dario Aita
Distribuzione: Netflix
Durata: 52′ circa ogni episodio
Origine: Italia, 2023

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.7
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Il voto dei lettori
2.22 (9 voti)

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