ShorTS International Film Festival 2023 – Incontro con Fabrizio Gifuni
L’attore romano ha parlato del suo metodo, che passa per un recupero di valori raggiunti attraverso la sua dedizione; durante la sua masterclass allo ShorTS Film Festival di Trieste
Fabrizio Gifuni (David di Donatello per il miglior attore protagonista con la sua interpretazione di Aldo Moro nel dittico Esterno Notte, di Marco Bellocchio) è stato ospite allo ShorTS Film Festival e premiato con il Premio Interprete del Presente 2023. Gifuni in più occasioni – la più recente è sicuramente il discorso di premiazione alla cerimonia dei David – ci tiene a ricordare come il suo metodo, in bilico tra gioco e fantasia, sia in realtà frutto di un lungo e lento allenamento degno di un maratoneta. I tempi che l’interprete si concede per lo studio di un personaggio sono dilatati, perché permettono una immedesimazione più sincera e approfondita.
Ecco che quindi quando chiediamo come si adattano questi suoi tempi in un panorama iperattivo e bulimico come può essere quello delle piattaforme streaming (La Belva di Ludovico di Martino; Netflix 2019), Gifuni spiega che “la lentezza è qualcosa di estremamente necessario in questo momento. Riportare dei tempi umani, di vita e di lavoro che rispondano meglio ai tempi della vita e della natura. Perché siamo entrati da un po’ di anni a questa parte dentro un accelerazione che ci stordisce e che non porta a nulla di buono… Questo ha a che fare anche con la velocità con cui vengono ideati, prodotti e distribuiti dei progetti cinematografici, solo per poter poi obbedire a determinati standard produttivi e fruitivi. Il cinema italiano è sempre stato di esempio in tutto il mondo, non a caso, in una stagione in cui produttori, attori, registi, avevano tempo di incontrarsi, discuterne, magri a cena; elaborare storie. Spesso i grandi film nascevano da questi incontri… Bisognerebbe ripensare il modo di fare e di vivere alla base, anche se mi rendo conto che è molto difficile”.
E proprio riguardo l’action La Belva l’attore romano parla di un certo gusto nel riscoprirsi, lavorando con giovani registi e aprirsi a nuove esperienze; per poi capire a 50 anni inoltrati di amare la guida spericolata o i testacoda nelle scene con gli stuntman. Lui che magari ha costellato la sua carriera di interpretazioni profonde; di un certo spessore – pensiamo ad esempio a Ragazzi di vita di Pasolini o Lo Straniero di Camus a teatro. “Bisognerebbe convincere i produttori a rischiare, a non limitare un determinato attore a quel determinato ruolo. Mischiando le carte in tavole si arriverebbe a delle piacevoli sorprese, credo”.
Nei riguardi dei ruoli più impegnati, come il già citato Aldo Moro, Franco Basaglia in C’era una volta la città dei matti… di Marco Turco o Pippo Fava in Prima che la notte, Fabrizio Gifuni ci tiene a ribadire l’importanza nel non inquadrare questi personaggi storici esclusivamente come martiri o vittime. “Pippo Fava era di una vitalità straordinaria. Era un talentuoso giornalista scrittore, pittore e uomo di teatro… Dobbiamo fare molta attenzione a non trattarli da martiri. Tutta l’attenzione che abbiamo messo lavorando a Prima che la notte, con Daniele Vicari, è stata volta a raccontare la vitalità di Pippo Fava. Un grandissimo affabulatore, narratore, amante… Era uno che la vita la mangiava a “mozziconi” per citare una battuta del film. Potremmo fare lo stesso discorso nei riguardi di Moro. Non dobbiamo fare l’errore di precipitarlo nel pozzo nero che sono stati i suoi ultimi 55 giorni. Lui che ha vissuto una vita piena di ingegni, soddisfazioni e avventure”.
Dunque l’impressione che resta del modo di Gifuni nell’intendere la recitazione certamente risponde all’approfondimento, allo svelamento dei capitoli che ci riguardano lungo la Storia italiana e che ci toccano da vicino. Eppure l’attore (anche regista e autore) romano riesce a non circoscrivere il suo ruolo nel panorama artistico, bensì grazie ad un occhio critico sempre attento alle nuove forme ed esperienze si riserva il piacere di sperimentare, cambiare rotta; sicuramente per il gusto dell’avventura e del confronto con i nuovi, promettenti protagonisti dell’abbacinante gioco chiamato “finzione” – a 360°.
Sarà quindi un caso che, secondo Gifuni, è Marco Bellocchio è il più giovane regista italiano?