TORINO 23 – "Utsukushiki tennen – Nuages d'hier" di Tsubokawa Takushi (Concorso)

Il film di Tsubokawa è un'affascinante magia, un sogno leggero, che scopre l'incanto dietro l'opacità del presente e la nostalgia del passato

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Utsukushiki tennen non è un film, è uno strano incanto cui si assiste quasi a mezz'aria, un'affascinante magia sospesa tra passato e presente, decisamente il migliore tra i lungometraggi in concorso finora visti. Anni '30 (fotografati a colori): tutto parte con della gente che, in una vecchia sala, assiste ad un film muto, ricostruito con filologica precisione. Musica d'accompagnamento, voce narrante, l'espressività accentuata dei volti…e giù in sala, invece, l'estasi della visione, un giovane proiezionista che assiste compiaciuto ai drammi della sua attrice preferita. Il cinema come sogno e (com)partecipazione. Sembra di trovarsi di fronte l'inizio di Nuovo cinema paradiso, quando in qualche modo riusciva a rappresentarsi l'ineffabile piacere dello spettatore. Ma se il film di Tornatore prendeva poi la sua piega di mielosa ovvietà, nel film di Tsubokawa il sogno sembra non finire mai. Con un salto si arriva al presente (fotografato in bianco e nero): il proiezionista, ormai vecchio, va a trovare la figlia vedova e la bellissima nipote Nami: scene di quotidiana incomunicabilità familiare. Tsubokawa non segue una narrazione lineare, procede per squarci lirici, sequenze staccate, giustapposte, quadretti d'interni che sembrano voler ripercorre le sottili e silenziose tensioni di Ozu e luoghi dell'anima come i binari di una ferrovia sotto le foglie di autunno, parchi desolati, ma pregni di una poesia della tristezza. Se il presente è grigio, nella mente del vecchio nonno il passato è come la primavera: un incanto di ciliegi in fiore. Ed è con fatica che cerca di trasmettere quell'incanto alla giovane nipote indifferente (che ha lo stesso volto dell'attrice amata), cerca di insegnarle il piacere di andare in bicicletta (perché con una bici puoi andare dove vuoi). Alla fine riesce a stabilire il contatto: stupendo il momento in cui Nami, dopo aver sempre chiesto "ma quanto deve restare qui il nonno?", dice alla madre "quanto può restare il nonno?". La morte, la perdita, il distacco sono dietro l'angolo: la felicità è destinata a volare via, come la farfalla dalle ali blu. Però la morte non riesce più a spezzare i legami: ormai il ponte tra vecchio e nuovo è stato gettato ed il presente può riacquistare i colori del passato. In fondo estate, autunno, inverno non esistono, dice il vecchio gelataio: abbiamo noi il potere di far sì che sia sempre estate. E' la memoria delle nuvole di ieri, che è l'essenza stessa del cinema, a perpetuare il sogno.  

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