"Waitress – Ricette d'amore", di Adrienne Shelly

Il film di Adrienne Shelly è un'opera completamente al femminile. Cameriera frustrata ed insoddisfatta, piuttosto che casalinga, la protagonista Jenna cerca la felicità in un mondo di uomini aridi, invadenti, violenti ed infantili. I tempi e i toni di Alice non abita più qui, nonostante la sincerità della regista/sceneggiatrice, sembrano molto lontani

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Scritto e diretto da Adrienne Shelly, uccisa in circostanze violente e assurde nel 2006, Waitress ha i tratti di una commedia agrodolce completamente al femminile: infatti, cosa c’è di più stereotipato, in un film dedicato esclusivamente alle donne, che ricorrere alla figura della cameriera, il mestiere più diffuso tra le americane senza un particolare titolo di studio?
L’impressione però è che i tempi e i toni di Alice non abita più qui, tanto per citare un’altra celebre cameriera del cinema tormentata da dubbi e frustrazioni, alla perenne ricerca di una sofferta felicità, siano davvero molto lontani.
Waitress
si presenta al pubblico italiano forte di un ottimo successo americano, conseguito per lo più nella cerchia dei selected theatres. Mischiando spunti autobiografici, come la maternità stessa della regista/sceneggiatrice, e un amaro (ma fiero) realismo di rappresentazione, il risultato è un film sincero ma decisamente prevedibile, infarcito di tutti i luoghi comuni della donna americana insoddisfatta: un marito impossibile, violento ed infantile, il mancato appagamento sessuale, un lavoro stressante e pieno di umiliazioni, una gravidanza non gradita, i vaghi progetti di fuga con il belloccio del caso, colleghe avanti negli anni e dal trucco pesante. In quest’atmosfera sudata da grill di provincia, la protagonista Jenna cerca di risollevarsi attraverso l’arte di creare torte sempre nuove, ognuna ispirata ad una particolare occasione della sua vita, talmente buone alla sola vista da essere sprecate per la clientela dozzinale del ristorante in cui lavora. Meriterebbero infatti un locale tutto per loro.
Ovviamente, la Shelly non si risparmia dal tracciare l’elogio della classica parabola del sogno a stelle e striscie: riuscire a far valere il proprio talento e a cambiare vita, al prezzo del coraggio di osare e di un po' di denaro che piove dal cielo. Tuttavia, i vari motori dell’azione – la storia d’amore con il proprio dottore, l’anziano proprietario che dietro al cinismo dell’affarista cela un cuore sensibile – si intuiscono a prima vista, e al di là di uno sguardo attento e discreto verso le sue eroine, specie nella riscoperta della maternità (tema centrale anche in Knocked Up, successo estivo del box office d'oltreoceano), il film sembra realizzato ad arte per un pubblico di ragazze dalla lacrima facile, che troveranno sicuramente coinvolgente la solidarietà femminile dietro cui si stringono tutte le donne di Waitress.
Dignità e spirito di corpo che risalta per contrasto con i personaggi maschili, eccessivamente esasperati nei loro tratti negativi per risultare anche credibili. Non a caso, l'unico benefattore del film è il vecchio e burbero Joe, che non potendo più conquistare sessualmente la protagonista, decide comunque di farsi suo benefattore. Di fronte a tanta inverosimile aridità, sembra scontato che Jenna (che parla sempre della madre e mai di suo padre, e che significativamente partorisce una femmina) non possa fare altro che trovare la sua soddisfazione sbarazzandosi di loro. Il che non è necessariamente un difetto: dopotutto Waitress è un film fatto da donne per le donne, e gli uomini vi appaiono trasfigurati, personificati attraverso il filtro delle loro chiacchiere.

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