CANNES 64 – “Loverboy”, di Catalin Mitulescu (Un Certain Regard)

loverboy
La Romania di Catalin Mitulescu è la terra dell’espropriazione, dove i sogni e l’amore rendono per sempre schiavi. Luca è un loverboy, un ragazzo che seduce giovani in fuga, per poi venderle come merce sessuale ai suoi amici di Costanza, che gestiscono un traffico di ragazze far battere sui marciapiedi d’Europa

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loverboyE’ estate sulle rive del Danubio. Ma i paesaggi attraversati da Loverboy non hanno alcun calore, sono solo la geografia raggelata e arida di un’occasione andata perduta. La Romania di Catalin Mitulescu è la terra dell’espropriazione, dove i sogni e l’amore rendono per sempre schiavi. Luca è un loverboy, un ragazzo che seduce giovani in fuga, per poi venderle come merce sessuale ai suoi amici di Costanza, che gestiscono un traffico di ragazze far battere sui marciapiedi d’Europa. Nel bel mezzo del nulla che domina, come unico orizzonte possibile, la povertà della campagna rumena, l’amore si misura solo in denaro. Niente accade sulle rive del Danubio, niente può muoversi veramente lungo le strade polverose che Luca, insieme ai suoi amici, insieme alle ragazze da sedurre, continua a percorrere, avanti e indietro, solo per scoprire che si diramano tutte uguali senza condurre in alcun posto. Nulla accade perché la vita ha dimenticato di portare con sé i propri sogni e ha smesso di parlare, proprio come il nonno malato del protagonista di Loverboy. Fino a quando l’amore non mostra le sue imprevedibili spire e la grazia conturbante di una giovane possibile preda, la statuaria Veli, apre un varco di speranza nell’orizzonte senza futuro di Luca, che inizia a credere a quegli attimi di gioia vissuti furtivamente sotto le coperte. Ma quella di Luca è una generazione già sconfitta, che neanche la tenerezza dell’amore può più salvare. Catalin Mitulescu, di nuovo a Cannes nella sezione Un Certain Regard, dopo The way I spent the end of the world, sceglie la via dell’essenzialità bruciante e crudele per raccontare una storia d’amore e di espropriazione. Lo sguardo minimalista di Loverboy graffia via ogni orpello dallo schermo per mostrare la realtà in tutta la sua brutalità. Ma non riuscendo a dosare del tutto la messa in scena dell’abbrutimento delle campagne rumeno, Mitulescu cede al fascino dell’insistenza, come nelle scene che vedono protagonista il padre di Veli, rischiando più volte di disperdere la potenza dell’autenticità delle immagini. Molto più interessante ed efficace è invece il continuo e sofferto contrasto dei movimenti di avvicinamento e rifiuto che i corpi di Luca e Veli disegnano nello spazio. Anime che si attraggono, ma che sono destinate a separarsi nella violenza della loro lotta per la sopravvivenza.
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