"A volte sei fortunato. Riesci a fare una ripresa alla Ford". Intervista a Peter Bogdanovich, Dan Ford, Ned Price

Un uomo colto che non sfoggiava il suo sapere. Uno psicologo manipolatore di attori. Un americano di prima generazione. Un regista, un nipote ed un restauratore raccontano il cineasta di "Sentieri Selvaggi" – perché, in ogni caso, "è difficile non pensare a Ford se stai girando un western". Ora in edicola per De Agostini in un doppio imperdibile DVD

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Peter Bogdanovich, Dan Ford (nipote di John Ford) e Ned Price (restauratore di film) intervistati a Cannes: tre sguardi, tre diversi punti di vista su John Ford. Uomo, regista, nonno, mito: il lavoro di John Ford, il suo rapporto con gli attori, le sue idee e la sua personalità raccontati in presa diretta, in occasione dell'uscita in edizione speciale di "Sentieri Selvaggi"

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Quando lo incontrasti per la prima volta sul set di Cheyenne Autumn, nel 1964, quale fu la reazione di John Ford?
Peter Bogdanovich: Ero un ragazzino, avevo 23 anni. Era molto gentile con me – ero giovane, conoscevo i suoi film…non solo quelli più famosi: li conoscevo tutti in ogni dettaglio e fu questo ad impressionarlo positivamente. Io ho incontrato gente di vent'anni che conosce i miei film. Si tende a non essere imparziali nei confronti di chi conosce il tuo lavoro…Non che lui non mi riprendesse in caso di necessità, ma gli piacevo. Scrissi per Esquire un articolo su di lui, e non gli piacque, anzi mi attaccò per questo. La prima versione aveva molto a che fare con la sua dimensione profana. Gli mandai una copia affinché potesse modificarlo, ma non avrei dovuto farlo – non ero tenuto a farlo. Lui mi rispose che era cattolico e che non parlava in quel modo. In seguito, andai a trovarlo. Lui mi prendeva in giro e rideva di me: "Jesus Christ Bogdanovich! Tutto quello che puoi fare: domande! Hai mai sentito parlare della frase affermativa?!"

Ford era un uomo felice all'epoca del vostro incontro?
Peter Bogdanovich:
Non credo fosse felice, no. La sua vita familiare non lo era. Credo che si innamorò di Katharine Hepburn e la perse, perché era già sposato. Non funzionò. Fu una cosa fondamentale nella sua vita.
Quello che amava era fare film. Lui lo diceva in modo così trasparente. Amava stare sul set. Amava gli attori, la folla, le comparse, gli stuntmen. Amava stare là fuori. Diceva che se avesse potuto fare questo ogni giorno della sua vita, sarebbe stato felice.


Era così macho e rude come a volte sembrava?


PB: Ford ingannava. Era molto, molto preparato, colto, e conosceva la storia. Poteva parlare molto bene, con un'eloquenza invidiabile, se voleva. Solo che la maggior parte delle volte sceglieva di non farlo.
 
Era interessato al tuo lavoro?
PB: Non credo che abbia visto i miei film Targets o Last Picture Show, ma venne a trovarmi sul set di What's up doc. Disse che sarebbe venuto, e lo fece. Mi ricordo che Ryan O'Neal gli baciò l'anello.


 


Le sue idee politiche cambiarono durante la Guerra in Vietnam?
PB:
Non credo fosse un conservatore. Fui coinvolto con lui in un incidente nel 1966, subito dopo gli scontri a Watts, dove un bianco rimase ucciso. Ford, in analogia con quell'evento, disse: "Abbiamo massacrato e ucciso milioni di indiani. Loro uccidono un bianco e noi lo chiamiamo massacro. E' lo stesso con i neri a Watts. Guarda cosa abbiamo fatto alla gente di colore, poi un bianco resta ucciso… E' la stessa dannata cosa". Quando gli consegnai il libro che avevo scritto su di lui per l'editing, questa frase c'era, ma lui la tolse. Disse: "Che vuoi fare, mettermi nei casini?" Ford era molto attento. Affermava di essere apolitico. Non voleva finire su una lista nera. Ma io credo che fosse molto più liberale che conservatore. Stava dietro al paese. Stava dietro i militari in Vietnam. Credo che avesse molti dubbi su molte cose, ma non veniva fuori a dirlo.


Gli hai mai chiesto perché rifiutò di parlare a John Wayne per tutti quegli anni, dopo che Wayne ebbe lavorato a The big trail di Raoul Walsh (1930)?
PB: No, ma è chiaro il perché. Era amareggiato perché Wayne aveva fatto il film con Walsh. Credo che Ford volesse 'scoprire' Wayne e inserirlo nel suo primo grande film.
Era gelosia. Tra Ford e Walsh c'era comunque rivalità, anche se non esplicita. Walsh ha preceduto Ford. Ford aveva un'opinione alta di Walsh, che era molto più macho di lui. Ford pretendeva di essere un bevitore, un rude, un macho, ma non lo era. In un certo senso, era una persona facile da prevaricare. Walsh era un gran bevitore fornicatore figlio di puttana, ma era molto più simpatico di Ford. Erano persone diverse.  


Quali sono i tuoi primi ricordi di The searchers?
PB:
Lo vidi quando uscì. Lo amai. Ma non era molto considerato all'epoca. Funzionava, ma la critica non diceva granchè in proposito…era dato per scontato. Io credo fosse un grande film all'epoca dell'uscita, e con il tempo mi è piaciuto ancora, sempre di più.  


Come ha fatto Ford ad ottenere una performance così 'dark' da Wayne?


PB: Wayne era così convincente che nessuno poteva essere scioccato da quello che faceva:  Ford si rese conto di questo. Wayne piaceva, il pubblico lo amava in modo incondizionato, qualsiasi cosa facesse. Questo è uno dei contributi che, all'epoca, le star portavano al cinema.


 


Ford ha influenzato direttamente i tuoi film?
PB:
In Red River di Howard Hawks c'è un momento in cui una nuvola oscura il sole e vedi l'ombra coprire la montagna, durante un funerale. Chiesi una volta ad Hawks di spiegarmi la scena. Lui disse: "La vedemmo arrivare. Provammo a riprenderla. A volte sei fortunato. Riesci a fare una ripresa alla John Ford". Io dissi: "La pensasti come una ripresa alla Ford?" Lui rispose che è difficile non pensare a Ford se stai girando un western. Ford, e il suo genio, semplicemente sono parte del vocabolario del filmmaking.

Quali sono i tuoi primi ricordi di John Ford?
Dan Ford:
Non riesco a ricordare la prima volta che l'ho incontrato. Ricordo solo la casa. Viveva a Hollywood, in una casa che aveva acquistato nel 1920-21, dopo aver sposato mia nonna. Dopo il 1953 si spostarono nella zona occidentale di Los Angeles, ma il nuovo posto non aveva lo stesso calore, lo stesso feeling.


 


Com'era Ford con i bambini?
Dan Ford:
Io lo ricordo come un grande Vecchio Testamento, una figura patriarcale. Non era particolarmente affettuoso con i bambini, ma lo era con i giovani. Duke Wayne era sempre circondato da bambini. John Ford era più distante.
 
Era un uomo felice?
DF: Alcuni dicono che non lo fosse, ma poi vedi quelle riprese di lui con John Wayne, Ward Bond e Henry Fonda, che pescano e bevono birra…Avrà avuto momenti di tristezza e di rimorso, ma credo che abbia avuto una vita fantastica. Negli ultimi anni, quando smise di lavorare, lo prese una sorta di depressione. Io credo che divenne infelice nel momento in cui divenne inattivo. La sua creatività non aveva più strade. Avrebbe potuto ancora utilizzare il suo talento per scrivere libri, fare televisione…come Hitchcock, ad esempio. Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, la tv era piena di serie western. Avrebbe potuto produrne qualcuna. Forse avrebbe dovuto. Ma era talmente regista fin nel midollo. Se non poteva avere la direzione di tutto, non faceva niente.


La famiglia di Ford stava sul set?
DF:
No, lui lo sconsigliava. Per la sua famiglia e per quelle degli altri. Quando stai girando, non hai altra vita. Lavori 20 ore al giorno, sei totalmente assorbito. O lavori, o dormi. Non c'è tempo per nient'altro.  


Qual era film che preferiva tra i suoi?
DF:
The informer e The quiet man soprattutto. Nel caso del secondo, ebbe in mano la storia per qualcosa come trent'anni, cercando di coinvolgere la gente di Hollywood a realizzarla. Nessuno voleva. Se leggi il racconto, tu stesso dirai: dov'è il film? Le pellicole che amava di più sono quelle per cui più ha dovuto faticare.


Quanto contano le sue origini irlandesi?


DF: Lui era un americano di prima generazione, e questo è fondamentale per capire Ford e il suo legame con l'America. Era figlio di un immigrato. L'America per lui è stata qualcosa 'larger than life'. Frank Capra era probabilmente il suo migliore amico, e sebbene realizzassero film diversi, avevano la stessa, unica visione dell'America.


Ford parlava mai del suo lavoro?
DF:
No, non gli piaceva affatto. Non ne discuteva. Avrebbe disapprovato i backstage show che si vedono oggi in tv. Non accettava che dei non-professionisti sapessero cosa stava facendo – per lui sarebbe stato come svelare una magia.


 


Come trattava gli attori?
DF: Era uno psicologo, un manipolatore. Sapeva come ottenere quello che voleva dagli attori. Ma se ti rispettava, se ti apprezzava, ti lasciava anche fare.  


Come spiegheresti il suo straordinario rapporto con John Wayne?
DF: Erano simili. Amavano entrambi l'acqua. Pescare. Bere. Le barche. Entrambi grandi giocatori di poker e bridge. La peggior cosa al mondo che potevi fare a Ford era vincerlo a carte. Gli attori giocavano con lui e perdevano deliberatamente.


Ford era molto colto…
DF:
Ford si cibava di libri. Ne leggeva uno al giorno. Di notte. Quando non lavorava, stava sveglio a leggere – tutta la notte. Leggeva storie, e leggeva materiale di background. Amava Conan Doyle. Amava i racconti brevi. Diceva sempre che avrebbe preferito prendere un racconto ed espanderlo, piuttosto che prendere un romanzo e tagliarlo.

Perchè The searchers ha avuto bisogno di un restauro?
Ned Price:
Le proprietà di conservazione del colore erano abbastanza scarse. La produzione sapeva che non era qualcosa di molto stabile, ma sapeva anche che, se fosse durato per dieci anni, sarebbe stato abbastanza per la vita del film, come distribuzione nelle sale. Nel giro di vent'anni, i negativi non erano più così buoni.


Quanto è durato il processo di restauro?
Ned Price: Nove mesi. L'ultimo restauro, da me supervisionato, fu fatto nel 1991. Fu di tipo foto-chimico. Abbiamo dovuto usare una stampa ottica e abbiamo perso in risoluzione. L'immagine non era allineata in modo appropriato. Ora, grazie al digitale, è possibile prendere i masters originali e pulire ogni record separatamente – così siamo in grado di mantenere fedelmente la maggior parte degli elementi originali. Questo restauro è completamente diverso da quello del 1991. Quello foto-chimico non dà risultati soddisfacenti – ero consapevole di questo mentre ci stavamo lavorando, ma all'epoca era il massimo che potevamo fare…

 


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